Se in questa crisi c’è un partito che teme di finire in un vicolo cieco (altri, tipo Leu, sono finiti in quello morto) è il Partito democratico. Arrivato terzo dietro Centrodestra e Cinquestelle, il Centrosinistra sa di poter essere determinante ma allo stesso tempo teme di sparire. La distanza che passa tra l’una o l’altra ipotesi è labilissima. All’inizio il mantra condiviso al Nazareno era «tutti all’opposizione», ora il muro pare vacillare. I distinguo prendono a circolare, e vedrete che nei prossimi giorni - specie se Mattarella chiamerà o gli altri partiti avanzeranno proposte più articolate - tutto sarà più fluido. Adesso ha preso piede l’ipotesi di una consultazione tra gli iscritti sulle scelte da adottare. La proposta è stata lanciata alla chetichella, guardando al modello dei socialdemocratici tedeschi, e piano piano sta riscuotendo consensi. Lo statuto lo prevede, non era mai stata fatta prima ma questa sconfitta potrebbe essere l’occasione buona. Per rilanciare il partito e la sua immagine. In fondo è nei momenti di difficoltà che il Pd è ricorso al proprio «popolo» per trarre la forza e superare le fasi di stallo, chissà che anche stavolta il bagno rigeneratore dei gazebo non riesca a ridare quello slancio perso il 4 marzo. Una leadeship ballerina (in gergo buonista si dice «collegiale») e priva di iniziativa come quella attuale almeno in linea di principio non ne trarrebbe giovamento, e, anzi, è sempre propensa a concludere accordi interni, ma la situazione è così «chiusa» che il referendum potrebbe essere la mossa che spariglia e mette tutti d’accordo.
PoliticaIl Pd prova a rientrare