Lunedì 22 Luglio 2024
COSIMO ROSSI
Politica

Scintille nel governo, Fratelli d’Italia alza la voce: "Basta litigi tra alleati" e agita lo spettro del voto

Il vicecapogruppo FdI al Senato: “Troppa fibrillazione, torniamo a occuparci del programma". Lo scontro è nato in Europa, ma la vera sfida è il futuro referendum sul Premierato

Roma, 22 luglio 2024 – La scia lunga del risultato europeo ricade sulla maggioranza. Paradossalmente, infatti, il fatto che i partiti dei due vicepremier siano rimasti alla pari alimenta le tensioni interne alla coalizione guidata d Giorgia Meloni e dal suo partito. Che manda segnali di richiamo all’ordine agli alleati attraverso il vice capogruppo al senato Raffaele Speranzon: se continua così "porremo una questione politica all’interno della coalizione".

Salvini, Meloni e Tajani
Salvini, Meloni e Tajani

Ma le minacce di elezioni, commentano in molti, hanno le gambe corte. Non solo perché un capo dello Stato come Sergio Mattarella si rimetterebbe comunque alla ricerca di una diversa maggioranza parlamentare, che senza FdI e Lega potrebbe anche esserci per quanto bislacca. Ma perché comunque alla fine Meloni dovrebbe vincere con la stessa coalizioni e gli stessi problemi. In realtà, infatti, la ragione principale di nervosismo della premier riguarda il fatto di aver fallito l’obiettivo strategico di ingresso nella coalizione europea di governo su cui aveva investito l’ultimo anno e mezzo. Il che obbliga a una riconsiderazione della linea politica, considerato anche il possibile ritorno alla Casa bianca di Donald Trump, il cui entourage ha da tempo ribattezzato la premier "phoney Meloni", come dire "Giorgia la fasulla".

Come sempre politico e personale si intrecciano. L’impasse europea della premier si incrocia con la sua propensione al comando abbastanza insofferente nei riguardi delle intemperanze dei soci di minoranza. Del resto è stato il suo voler rimanere orgogliosamente di destra – insieme alla mossa di Orban, che col gruppo dei patrioti le ha sottratto tutti quelli ancora più identitari e di destra – a impedirle di fare il passo in ginocchio alla Canossa del Ppe per entrare nel grande gioco europeo. Un attentato a Trump non era prevedibile per la premier che ha investito la sua legittimazione sulla guerra di Europa e Nato voluta da Biden a sostegno dell’Ucraina. Ora è tutto a ricalibrare.

Ovvio quindi che il partito di maggioranza rimproveri quelli di minoranza. "Registriamo una certa fibrillazione determinata dalla campagna elettorale per le europee, con qualche straccio che è volato per la scelta della presidente della commissione", dichiara Speranzon promettendo che FdI farà "il possibile affinché ci sia la piena disponibilità da parte degli alleati a realizzare il programma elettorale". A cominciare ovviamente dalle riforme e dalla controversa partita del premierato, che rappresenterebbe il vero passaggio alla seconda repubblica dopo questi infiniti decenni di transizione.

E sul prossimo referendum sul premierato è probabilmente destinata a giocarsi la partita politica e elettorale tra il centrodestra e il centrosinistra. Matteo Renzi, che di queste cose se ne intende – avendo dilapidato un patrimonio politico da premier al 40% per perdere un referendum e finire il migliore dei minori –, ha fatto a ragione veduta il proprio endorsement a Elly Schelin pensando che la maggioranza preferirà il rischio del voto a quello del referendum costituzionale e comunque perderà alle elezioni rispetto a un centrosinistra galvanizzato dal voto europeo e dalla speranza di vincere unito. Perché da Alcide De Gasperi a Bettino Craxi a Renzi, partiti e figure al uniche al comando in Italia non ne hanno mai più fatte vincere. Salvo Silvio Berlusconi, che in fin dei conti però non aveva un’idea dispotica del potere politico.

Questo è il problema della maggioranza. I rapporti politici. Che i due alleati siano praticamente pari alla fine è un ulteriore intoppo per Meloni. In più c’è il ritrovato protagonismo della famiglia Berlusconi. Gli eredi pensano che FI debba rinnovarsi e recuperare un ruolo di spicco nel quadro politico, data l’insipienza degli altri. E in molti sono pronti a scommettere che su questioni come il premierato o l’autonomia differenziata Mediaset lascerà alla sola Rete4 il ruolo dell’ultras di governo, assumendo un posizione più laica. Del resto, fa presente chi se ne intende, "su partite strategiche come Tim e Vivendi il governo Meloni neanche vede palla".