Roma, 21 gennaio 2025 – Come interpreta tutta questa agitazione al centro di quello che una volta si sarebbe chiamato centrosinistra?
“Il confronto delle idee è indispensabile. Tanto più si accende, tanto meglio è – esordisce soft Goffredo Bettini, guru intellettuale e grande vecchio della sinistra italiana –. I convegni di Milano e di Orvieto hanno raccolto personalità importanti. A cominciare da Prodi, che da sempre ascolto con grande attenzione. Un faro di saggezza e di apertura mentale, a partire dalla sua analisi sul mondo”.
Ma? Che cosa non torna?
“È importante, tuttavia, non confondere piani diversi. Il tema di una nuova partecipazione dei cattolici all’impegno politico riguarda l’insieme del centrosinistra. Non è appannaggio esclusivo di alcuno. Si tratta di ascoltare trasversalmente la voce dei credenti, in una società senza valori, futuro e speranze. Attenta solo al profitto, alle merci, all’illimitato potere della tecnica. Sta andando avanti un post umano che consuma l’autenticità della vita. Il pensiero cristiano è centrale per difenderci. Altra cosa è il tema circa la nascita di un soggetto cosiddetto di centro. Va pensato e costruito dal basso, con autonomia e con un profilo civico. C’è un giacimento di elettori di circa il 50% che non vota. Lì occorre smuovere e convincere. Infine è ulteriormente diversa l’esigenza di aree interne al Pd che chiedono una maggiore visibilità e di pesare di più”.
Certo è che da Prodi a Gentiloni a Sala, si moltiplicano le critiche alla Schlein. Qual è l’obiettivo?
“Ognuno ha accennato a rilievi diversi. Prodi ha inteso spronare programmi e idee per l’alternativa. Ho letto da Riccardo Illy, invece, che Elly Schlein è stata una iattura e non una fortuna per il Pd. Non sono per nulla d’accordo. Schlein è stata una fortuna. Una grande fortuna. Siamo partiti da una condizione di consensi drammatica. Il 15 o 16%. Con il nuovo corso abbiamo toccato il 24%. Non c’è stato estremismo, piuttosto maggiore chiarezza e iniziativa nei territori e nelle periferie. Se la discussione avesse l’obiettivo di indebolire la leadership, abitudine ricorrente nella sinistra italiana, sarebbe ingeneroso e autodistruttivo. Ciò non significa che siamo pronti per battere e sostituire la destra italiana. C’è nei prossimi due anni da fare un lavoro grande”.
Al Pd, e alla coalizione immaginata dalla Schlein, che cosa manca per essere competitivi con la destra?
“Mancano a tutte le forze democratiche che intendono collaborare un programma unitario e una comune idea dell’Italia. Lavorare su questo è prioritario e urgente. Occorre non moderare ma rendere persino più radicali e netti alcuni convincimenti. La protezione intransigente della debolezza. Dovuta alla povertà crescente, allo smantellamento dello Stato sociale, al non funzionamento della sanità, all’abbandono del Mezzogiorno, alle condizioni precarie di solitudine degli anziani, dei bambini, dei senza casa e dei senza pane. Accanto a questi disperati c’è un’Italia che soffre, seppur diversamente. Sono i lavoratori con salari fermi o ridotti da decenni, le donne costrette a fare doppi lavori e senza garanzie, gli imprenditori medi e piccoli che hanno fatto l’Italia grande, le partite iva che pagano tasse insostenibili”.
Più radicalità e non più moderazione: ma per fare che cosa in concreto?
“Circa questo insieme di ferite che subisce il Paese occorre giustizia, lotta all’evasione, sicurezza diffusa, semplificazione della burocrazia, un fisco che sappia distinguere tra chi lucra, non paga le tasse e porta il denaro all’estero e chi invece faticosamente produce e accumula risorse con onestà e con il sudore della fronte. Occorre, infine, trovare una posizione comune sullo scenario internazionale per pretendere la pace. L’atlantismo subalterno ha intorbidato la nostra autonomia strategica, che ha sempre caratterizzato il nostro Paese. Da Berlinguer, innanzitutto, ad Andreotti e Craxi”.
Sul piano più politicante, per ora, il Pd deve fare i conti con De Luca e il terzo mandato.
“Sono contrario al terzo mandato. I governatori hanno poteri legislativi e decidono sulla sanità pubblica, che esige un controllo e una verifica dopo un certo arco di tempo. Tuttavia, nel rapporto con De Luca occorre intenderci se egli è un potere da abbattere o una risorsa da utilizzare nel modo migliore. È necessario trovare una via consensuale e rispettosa per uscire da questo passaggio difficile e per certi aspetti doloroso. Attenzione: De Luca si esprime spesso con un linguaggio un po’ brutale e popolaresco. Ma è un uomo intelligente e molto colto. Ci sono i modi per un confronto che alla fine risulti positivo per tutti, anche per lui. Tanti anni fa presentò un mio libro a Salerno. Fu una specie di lectio magistralis. Rimasi esterrefatto. In Campania possiamo vincere, anche grazie a un sindaco come Gaetano Manfredi, la personalità più forte emersa negli ultimi anni”.
Come che sia, Meloni appare addirittura più forte di due anni fa.
“Non ho mai sottovalutato Meloni. È combattiva, furba, comunicativa. Ma è solo lei. Chi la circonda non è all’altezza e poi, fatemi dire che il fascino che ha suscitato quando era contro l’Italia della politica corretta è inevitabilmente destinato a scomparire. Ha scelto la subalternatività ai poteri nazionali e internazionali, americanismo, atlantismo, difesa dei più ricchi. Persino sull’Europa è diventa europeista. Con la particolare curvatura di volerne spostare tutto l’asse a destra. Aprendo alle autocrazie e all’intolleranza. Suscita così due reazioni diverse. Da Marcello Veneziani, che sperava per la sua parte una stagione di coraggio a quella di chi intende mantenere nel recinto della libertà e della democrazia le istituzioni nazionali, europee e i rapporti tra tutte le Nazioni”.