IL 20 OTTOBRE 2011 Silvio Berlusconi fu assolto con formula piena in Cassazione dall’accusa di aver corrotto ufficiali della Guardia di Finanza. L’accusa gli era piovuta addosso nel novembre del 1994 mentre presiedeva a Napoli un convegno dell’Onu sulla criminalità. Travolto dalle accuse del pool di ‘Mani pulite’ dovette dimettersi all’inizio del ’95 da presidente del Consiglio anche perché Bossi — considerandolo finito per via giudiziaria — fece il ribaltone e portò il centrosinistra al potere. L’assoluzione con formula piena di ieri nel giudizio di appello per l’affare Ruby avviene a quattro anni da quel 27 maggio 2010 in cui Berlusconi telefonò al capo di gabinetto della questura di Milano caldeggiando l’affidamento della ragazza, fermata per un controllo di polizia e scoperta minorenne, alla consigliera regionale Nicole Minetti. Lo scandalo che ne seguì fu enorme: il presidente del Consiglio italiano perse la faccia dinanzi al mondo per aver frequentato sessualmente una minorenne. La sua debolezza politica successiva alla scissione di Fini fu enfatizzata dalla delegittimazione morale e Berlusconi dovette dimettersi una seconda volta.
LA CONDANNA a 7 anni del 24 giugno 2013 seguita il primo agosto dalla condanna in Cassazione per reati di frode fiscale da cui era stato assolto in due procedimenti analoghi lo indussero alla disperazione politica e a togliere la fiducia al governo Letta, provocando la scissione del Ncd e la nascita del governo Renzi. Berlusconi ha dovuto difendersi in giudizio in una cinquantina di processi nell’arco di vent’anni, ma le sentenze assolutorie del 2001 e di ieri confermano che l’azione della magistratura ha condizionato in modo decisivo l’intera vita della Seconda repubblica. Abbiamo scritto ieri che nessun giurista — di destra o di sinistra — ha mai ammesso in privato che il processo Ruby avesse un minimo di fondamento. Un presidente del Consiglio che vuole togliere una sua protetta d’impiccio affida la pratica al ministro dell’Interno, al capo della polizia o ai servizi. Solo un naif come Berlusconi chiede al capo scorta: «Chi conosciamo alla questura di Milano?», sentendosi dare il cellulare del capo di gabinetto che è quello che si occupa dei turni di servizio per la sicurezza. Il funzionario ha sempre parlato di una telefonata della massima cortesia: opportuna o inopportuna che fosse, trasformarla in ‘concussione per costrizione’ è un paradosso imbarazzante per chi l’ha inventato. Per quanto riguarda Ruby, la ragazza dimostrava molto più della sua età e aveva già mentito alla polizia, in occasione precedente a questa, dichiarandosi maggiorenne. Secondo i giudici d’appello, Berlusconi ha dunque ragione quando dice che ignorava di frequentare una minorenne. Ma l’assoluzione di ieri è di portata enorme perché annulla in radice un clamoroso e inedito lavoro di pedinamento e di intercettazione che tra il 2010 e il 2011 mise di fatto sotto controllo chiunque frequentasse la residenza lombarda del presidente del Consiglio. Per 6113 volte il suo telefono fu indirettamente intercettato, mentre Berlusconi parlava con persone intercettate a loro volta. Bisogna dare atto ai giudici d’appello di aver avuto un grande coraggio perché l’umiliazione inflitta alla procura di Milano è perfino maggiore di quella prodotta dalla sentenza del 2001, se non altro per il gigantesco apparato investigativo messo in piedi da Ilda Bocassini. Se fossimo in un paese normale, qualcuno dovrebbe chiedere scusa al Cavaliere per il massacro mediatico e giudiziario che ha subito. La procura ricorrerà certamente in Cassazione, ma è assai difficile un nuovo ribaltamento. Berlusconi può piacere o non piacere, ma la sua storia giudiziaria dovrebbe far riflettere tutti. E se ha sbagliato a frequentare certa gente, non può essere massacrato per reati che non ha commesso. Resta da chiedersi quali saranno le conseguenze politiche della sentenza. Come abbiamo detto ieri, Berlusconi non avrebbe fatto saltare il tavolo delle riforme nemmeno in caso di condanna. Oggi le ha blindate, fermando sulla porta qualcuno dei suoi che stava per andarsene, ricompattando Forza Italia e rafforzando anche il governo Renzi. Il Cavaliere ha avuto la prova che un comportamento responsabile e moderato — a Cesano Boscone come nella vita pubblica — può portargli soltanto vantaggi. Nel Ncd ieri sera si commentava che se il Cavaliere avesse avuto lo stesso atteggiamento nell’autunno scorso, avrebbe tenuto insieme il partito e ottenuta la grazia. Chissà. Sbaglierebbe tuttavia chi oggi tentasse di acuire la divisione del centrodestra, mai stata così forte. Ritrovata la rispettabilità perduta — principale patrimonio di ogni uomo — Berlusconi è al contrario, oggi, nelle condizioni ideali per patrocinare la ricomposizione del polo moderato indispensabile per l’alternanza democratica.