Roma, 17 gennaio 2025 – Non è solo una riforma, è una bandiera. Uno spettro che si aggira da oltre 30 anni nella politica italiana. Promesso da un lato, temuto dall’altro. La separazione delle carriere, chiodo fisso di Berlusconi e di Forza Italia, senza che il Cavaliere osasse però mai forzare la mano davvero, ha mosso ieri il primo passo sostanziale con il via libera della Camera al disegno di legge che modifica il titolo IV della Costituzione: 174 sì, 92 no e 5 astenuti. Compatto il centrodestra, divisa l’opposizione: contrario l’asse Pd, M5s, Avs. Favorevoli Calenda e +Europa, come è ovvio dal momento che è un cavallo di battaglia dei radicali da sempre. Si astiene Italia viva che in realtà sarebbe d’accordo, ma Renzi non ha voluto incrinare il rapporto con Elly Schlein, che corteggia serratamente.
L’iter della riforma costituzionale
Si tratta di una riforma costituzionale: di passi ce ne vorranno altri 4 (tre letture in Parlamento e il referendum) prima di cambiare il volto della magistratura italiana. Il ddl ora passa al Senato, che dovrà chiudere entro la primavera, perché il governo spera di fischiare la fine della partita entro il 2025. Se cambiamenti verranno apportati sarà nel secondo giro: dato l’incalzare dei tempi, difficile che se parli adesso a Palazzo Madama.
Cosa prevede
Con il voto, torna al calor bianco la tensione con l’Associazione nazionale magistrati. Cosa preoccupa le toghe nelle pieghe delle norme che impongono ai magistrati di scegliere se diventare giudici o pm, prevede lo sdoppiamento del Consiglio superiore della Magistratura con due distinti organi, Csm giudicante e requirente (presidente resta il capo dello Stato) cui spettano assegnazioni e trasferimenti e il sorteggio dei componenti per un terzo da un elenco di docenti e avvocati compilato dal Parlamento in seduta comune, e per due terzi estratti a sorte da liste di magistrati, nonché l’istituzione di un’alta Corte di 15 giudici per le sanzioni disciplinari?
La posizione delle toghe
Secondo il sindacato delle toghe, la riforma mette a rischio "l’autonomia e l’indipendenza" della magistratura, "isola" i pm mortificandone "la funzione di garanzia", toglie "tutele" a tutti i cittadini "diventando per loro un incubo", per dirla con la vicepresidente dell’Anm, Alessandra Maddalena. Magistratura democratica propone l’abbandono dell’aula durante le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario per protesta. Su altre forme di dissenso si esprimerà domani l’Anm.
Nordio
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, fa spallucce: promette che con la riforma sarà spezzato "il legame patologico delle correnti in magistratura", dice no "ai processi alle intenzioni" di chi sostiene che "la riforma prima o poi sottoporrà il pm all’esecutivo: cosa che è esclusa". E non si limita a parlare di questo ddl "un mio sogno da 30 anni", per cui si concede selfie con i forzisti esultanti: torna a ragionare delle garanzie per le forze dell’ordine che, sia chiaro, ripete non sono "uno scudo". Avverte: "Da venticinque anni l’istituzione del registro degli indagati e dell’informazione di garanzia è un istituto fallito perché da istituto di garanzia si è trasformato in una gogna mediatica". Di qui l’ipotesi di puntare su una terza via, per cui, pur senza essere indagati si possa usufruire di quelle tutele utili nell’ambito di un’indagine.
L’opposizione
Lo applaude la maggioranza, ma non l’opposizione, già in assetto da guerra contro la separazione delle carriere. Nell’aula di Montecitorio Pd e M5s puntano il dito contro "l’intento punitivo" e il "furore ideologico del provvedimento", accusando il centrodestra di voler smantellare la Costituzione. Avs parla di "deriva autoritaria", mentre Benedetto della Vedova (+Europa,) che vota a favore dice: "Purtroppo si è arrivati con la maggioranza sbagliata a questa riforma". Di parole ne voleranno tante nei prossimi passaggi, ma la prova reale sarà il referendum. Che è certissimo: per evitarlo serve la maggioranza dei due terzi e su questo ddl costituzionale non c’è. Fatto sta che il centrodestra è ottimista, perché anche i sondaggi più recenti certificano il crollo di popolarità del potere togato, il "fronte del no" non dispera convinto che su una materia così complessa l’elettorato anti-meloniano accorrerà alle urne in misura maggiore di quello di centrodestra.
Potrebbe essere l’unico appello al popolo in materia di ’grandi riforme’. Quello sul premierato slitterà alla prossima legislatura. Sull’Autonomia, la Consulta si esprimerà lunedì ma è un referendum abrogativo non costituzionale. La partita si gioca qui.