Roma, 28 giugno 2018 - "A presto a Washington D.C". A scriverlo sui social, l’altra sera, è Giuseppe Conte. E, appena poche ore dopo, la conferma dell’incontro-simbolo del rango conquistato rapidamente sulla scena internazionale dal nostro premier: alla Casa Bianca il 30 luglio. Ma, d’altra parte, il feeling con il presidente Usa è immediato, fin dal primo veloce faccia a faccia al G7 di Charlevoix, in Canada. Sì, nelle stesse ore nelle quali Donald Trump manda per aria il summit in Quebec a colpi di tweet, con lo stesso strumento cinguetta: "Giuseppe Conte. Ottima persona. Farà un grande lavoro. Gli italiani hanno scelto bene!".
E così non s’è neppure insediato a Palazzo Chigi che l’uomo venuto dal profondo Sud o "dalle periferie", come anche è stato definito, si trova subito sbalzato sul tetto del mondo. Per lui, devoto di Padre Pio, deve averci davvero messo la mano il Santo, se in quelle giornate esce non solo indenne, ma addirittura con la benedizione Usa da quel confronto con i capi, consumati e smaliziati, del pianeta. In Italia non si aspetta altro che una sua mossa falsa per crocifiggerlo e mettere all’indice la sua "inesperienza". Il massimo che gli viene addebitato, però, è una certa discrezione timida e sfuggente, una certa "solitudine", come si dirà, nel seguire i big nella passeggiata a uso di tv e fotografi. Ma, a sentire chi lo conosce bene, più che un difetto, quello è un pregio: gentile, educato, elegante, riservato. Lo scrivono anche il NYT e Le Figaro. Preferisce stare un passo indietro piuttosto che inseguire la visibilità a ogni costo.
Insomma, uscito dal cilindro di Luigi Di Maio, accettato con malcelata circospezione da Matteo Salvini, con due danti causa di tal fatta, per il presidente del Consiglio "non politico" e "non eletto" il pronostico di analisti e addetti ai lavori è, all’inizio, di un futuro da vaso di coccio in mezzo a due vasi di ferro. E, invece, finisce via via per trasformare una strettoia in un corridoio di opportunità. E lo fa usando proprio le doti della mediazione e della tessitura riservata, della diplomazia e del riserbo, sul terreno più sdrucciolevole, sia pure per ragioni differenti, per i due leader della maggioranza: i rapporti internazionali e con i partner europei. Non a caso, mentre infuria, a colpi di insulti reciproci, la guerra su porti, Ong, immigrati con Francia e Spagna, con Salvini e Di Maio a rincorrersi nella polemica con Macron, tocca a Conte salvare il vertice bilaterale di Parigi: arriva all’Eliseo e sono abbracci e occhiate d’intesa con il presidente francese.
Sono passati solo 15 giorni o poco più dall’insediamento, una settimana dal battesimo del fuoco del G7. Ma Conte si muove a suo agio sul terreno internazionale, come se si fosse preparato per una vita a quel ruolo. E, del resto, avveduto il professore lo è sicuramente: dalla sua ha studi di tutto rispetto, una carriera di avvocato di peso e, cosa utilissima, la conoscenza delle lingue. Tra queste, il tedesco. Che usa tre giorni dopo a Berlino con Angela Merkel. Un dialogo, quello con la Cancelliera, che si arricchisce anche di molteplici telefonate, fino all’altra sera per la controversa vicenda della Lifeline. Nel frattempo si consolida il rapporto col Quirinale. Incaricato con qualche riserva, non personale ma politico-istituzionale, dal Presidente della Repubblica, in poche settimane tra Mattarella e Conte cresce una sintonia che aiuta il premier nell’ambito internazionale. Così, anche quando torna a infuriare lo scontro con Macron, è di nuovo il primo ministro a recuperare la trama strappata. Il fumantino presidente francese è a Roma per il Papa: la sera prima, però, va in scena quello che viene etichettato come "il più misterioso, blindato, anomalo vertice bilaterale della storia recente della diplomazia". Lunedì sera, al crepuscolo, alla Casina Valadier, a Villa Borghese, Conte, Macron e signora si ritrovano per l’aperitivo del disgelo. Anzi, è lo stesso premier a dare consigli per il seguito della romantica serata. "Vi dico dove andare a cena – insiste con gli ospiti – Anzi, prenoto io". Telefona al ristorante "Pierluigi", vicino a Via Giulia: "Sono l’avvocato Conte, vi mando il Presidente Macron e signora". All’appello, insomma, mancano Bruxelles (e si aggiungerà oggi) e Mosca. Salvini e Di Maio sono avvisati: per parlare con il mondo, passare da Palazzo Chigi.