Roma, 18 dicembre 2023 – Per la seconda volta in questa legislatura qualcuno in Parlamento chiama in causa il Giurì d’onore. A febbraio furono deputati del Pd Silvio Lai, Andrea Orlando e Debora Serracchiani ad appellarsi a questo istituto parlamentare, oggi è stata la volta di Giuseppe Conte. In una conferenza stampa il leader del Movimento 5 Stelle ha annunciato di aver consegnato formalmente al presidente della Camera Lorenzo Fontana, una richiesta di istituire il giurì, al fine di “accertare le menzogne denigratorie del presidente del Consiglio Giorgia Meloni”. Conte accusa la presidente del Consiglio di aver deliberatamente mentito al Parlamento e a tutti i cittadini quando “ha sostenuto che il mio governo (tre anni fa ndr) ha dato l'ok alla riforma del Mes senza un mandato parlamentare, con il favore delle tenebre, quando il governo era dimissionario....”. Giorgia Meloni “ha mentito consapevole di mentire – attacca Conte – lei era in quel Parlamento, deputata, quando nel dicembre 2020 c'è stato un dibattito parlamentare e una risoluzione...". Per l’avvocato e deputato Conte la premier "ha offeso e danneggiato me, il M5s, l'Italia, non lo possiamo accettare".
Che cos’è il giurì d’onore e che funzione ha?
Ma che cos’è il Giurì d’onore? Si tratta di una commissione di indagine istituita dal presidente dell’Aula (che ne sceglie la composizione) allo scopo di giudicare la fondatezza di accuse mosse durante il dibattito parlamentare. Il regolamento della Camera prevede il Giurì d’onore all’articolo 58, quando concede ad un suo membro la possibilità di appellarvisi, in caso ritenga che un collega abbia leso la propria onorabilità.
Nella prassi, la nomina di un Giurì d'onore presuppone tre elementi: innanzitutto l'addebito personale e diretto di un parlamentare nei confronti di un altro nel corso di una discussione. Ci deve essere cioè un’accusa esplicita. Non basta un’opinione sgradita a far scomodare il Giurì, serve che l’interessato sia stato accusato di fatti determinati. La Commissione deve poi avere la possibilità di raccogliere prova dei fatti e le testimonianze necessarie a esprimere un giudizio. Il Presidente della Camera assegna, recita ancora il Regolamento, “un termine per presentare le sue conclusioni alla Camera, la quale ne prende atto senza dibattito né votazione”. L’Aula prende atto del giudizio del Giurì senza dibattito né votazione.
Il caso Donzelli
L’ultima volta che è stato chiamato in causa il Giurì d’onore è stato lo scorso febbraio. All’epoca furono i deputati PD Lai, Orlando e Serracchiani a farlo, in risposta alle parole di Giovanni Donzelli, parlamentare di Fratelli d’Italia. In quei giorni teneva banco il caso di Alfredo Cospito, l’anarchico condannato all’ergastolo, in sciopero della fame. Donzelli in Aula disse: "Il 12 gennaio 2023, mentre parlava con i mafiosi, Cospito incontrava anche i parlamentari Serracchiani, Verini, Lai e Orlando. Io voglio sapere se la sinistra sta dalla parte dello Stato o dei terroristi". In quella circostanza i democratici chiesero l’intervento di Fontana, che convocò il Giurì. Il verdetto della commissione d’indagine – presieduta da Sergio Costa del Movimento 5 Stelle e composta da Alessandro Colucci di Noi Moderati, Annarita Patriarca di Forza Italia, Fabrizio Cecchetti della Lega e Roberto Giachetti di Italia Viva - assolse Donzelli. Ora sul ‘banco degli imputati’ rischia di andare Giorgia Meloni.
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Il Mes della discordia
Intervenendo al Senato lo scorso 13 dicembre, alla vigilia delle comunicazioni del Consiglio Europeo sul patto di stabilità, Giorgia Meloni sventolò in aula il fax in cui Luigi Di Maio, allora ministro degli Esteri nel dicembre del 2020 autorizzava a firmare il Mes. E questo, ha aggiunto Meloni è successo “il giorno dopo le dimissioni del governo Conte, quando era in carica solo per gli affari correnti. Capisco la vostra difficoltà e il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce. Questo foglio dimostra la scarsa serietà di un governo che prima di fare gli scatoloni lasciava questo pacco al governo successivo. Il governo Conte alla chetichella ha dato l'assenso al Mes”.
Il leader del Movimento 5 Stelle aveva replicato nell’immediato con un video sui social. “Mi pare di capire che (Meloni) la voglia mettere sul piano dei fatti e dei documenti, allora accomodati, c'è posta per te, anzi c'è un faldone per te. Sapete chi ha introdotto il Mes in Italia? Il governo di Berlusconi, nell'estate 2011, governo di cui Meloni era ministro della Gioventù insieme a La Russa Fitto e Calderoli. Hai detto che non siamo passati dal Parlamento e abbiamo fatto tutto con il favore delle tenebre. Non ti permettere di fare un'affermazione del genere, nel dicembre 2020 eri in Parlamento, cosa facevi? Ecco il dibattito parlamentare e la risoluzione sulla riforma del Mes”. Ha ragione Conte? Meloni l’ha disonorato? Al Giurì l’ardua sentenza.