Bruno Vespa
IERI ALLA RADIO ho chiesto agli ascoltatori se avessero una qualche percezione di ripresa. Lo spunto veniva dai dati della maggiore vendita di automobili, dalla crescita dei mutui per la casa e delle assunzioni, da una indagine Coop e Conad, da qualche cappuccino in più. Bene, la sintesi delle molte telefonate e delle centinaia di messaggi è la seguente: il 10 per cento vede che qualcosa si muove, il 65 per cento vede ancora buio pesto, il 15 per cento mi ha insultato accusandomi in vario modo di essere un provocatore che lavora in proprio oppure al servizio del governo.
Qualche esempio. «Ho da sedici anni l’auto che si regge con lo spago e nessuna possibilità di cambiarla». «Vendo libri nella grande distribuzione e nel giro di tre anni sono sceso da quattromila euro al mese a 1500. Prima le mamme compravano ai bambini un giocattolo e un libricino, adesso gli chiedono che cosa sceglie tra i due». «Mi occupo di fornire meccanica alle industrie e non c’è aria di investimenti». «Lavoro nel settore alimentare e non c’è trippa per gatti». «Sono un giovane architetto tuttora ridotto alla fame». «Ho in piedi un prestito di diecimila euro appunto per cambiare l’auto e la banca (una delle top italiane) mi fa pagare interessi del nove per cento». E così via.
HANNO ragione le statistiche o la pancia della gente? Personalmente credo che le prospettive di ripresa siano reali. Matteo Renzi ha avuto la visita dei tre Re Magi (i soldi a tasso zero della Banca centrale europea alle banche, una rivalutazione del dollaro del venti per cento in nove mesi, il crollo del prezzo del petrolio) e ha aggiunto di suo un elemento molto importante come l’assunzione a tempo indeterminato a tutele crescenti: per le aziende significa niente articolo 18 e possibilità di non pagare i contributi per tre anni. Insieme con altre riforme, questo sta avviando il Paese verso una certa normalità e quindi incoraggia gli investimenti e l’occupazione. Ma Renzi dovrebbe tenere a mente le ragioni per cui gli 800 milioni al mese distribuiti dalla fine del maggio scorso con gli 80 euro non hanno fatto ripartire i consumi. Fin dalla primavera gli dicemmo che l’incertezza è nemica della spesa e che la gente non spende se non sa quanto dovrà pagare di tasse sulla casa in una confusione generale e con le ultime bollette la cui entità viene decisa a fine anno.
È ANDATA puntualmente così. Il presidente del Consiglio riconosce correttamente che – se le tasse sulla casa si pagano in ogni Paese – altrove non si sommano alle nostre aliquote e ai nostri balzelli. Ma ha escluso che quest’anno esse possano diminuire. Chiedemmo senza esito ad altri governi che l’intera somma recuperata dall’evasione fiscale fosse destinata alle riduzioni fiscali. Adesso chiediamo a Renzi che il tesoretto di diversi miliardi prodotto dal calo dello spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi venga destinato alla riduzione delle imposte sulla casa partendo naturalmente dai ceti meno benestanti. È naturalmente soltanto una delle ipotesi. Ma è un fatto che da anni la Banca d’Italia e la Banca centrale europea dicono che soltanto minori tasse e minore spesa pubblica possono far ripartire davvero il paese. Non sarebbe male se Renzi ci facesse un pensiero.