Venerdì 29 Novembre 2024
Erika Pontini
Politica

Gianfranco Fini: “Il fascismo non è alle porte. Ma questo Occidente arranca”

L’ex presidente della Camera, protagonista della svolta di Fiuggi, analizza i mutamenti della destra. “Meloni non si definisce antifascista perché lega il termine alla stagione degli anni di piombo”

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L’ex presidente della Camera ed ex leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini

Firenze, 4 dicembre 2024 – “Non vedo il pericolo del ritorno del fascismo in Europa ma altri sì: le democrazie hanno sempre più a che fare con economie legate alla finanza più che al lavoro”. Non c’è alcun ritorno al passato ma un presente fragile per il fondatore di An, già vice-presidente del Consiglio Gianfranco Fini protagonista, ieri pomeriggio alla biblioteca Ragionieri di Sesto Fiorentino, dell’incontro-dibattito “I mutamenti della destra italiana“ nell’ambito del festival “Giorni di storia“. Un oratore distante da un’amministrazione, definita non a caso Sestograd, che ha suscitato qualche polemica sul programma ma ha fatto il tutto esaurito in sala.

Fini lei dunque non crede al possibile ritorno del fascismo ma quali sono allora i pericoli che attraversa l’Europa?

“L’Occidente non gode di buona salute, basti pensare agli Stati Uniti o anche alle cosiddette democrature, e non parlo solo di Orban. Il sistema democratico arranca. C’è poi una ricchezza che è sempre più legata alla finanza piuttosto che all’economia reale e questo è un fattore di grande insicurezza. Il capitolo IA poi può portare a chiederci se le democrazie siano in grado di fronteggiare i cambiamenti”.

Preoccupato anche dalla vittoria di Trump?

“No. Per Trump era chiaro che il suo dovere era parlare agli americani, a tutti: la sua è stata una campagna elettorale molto urlata, di pancia ma lo spazio concesso alla politica internazionale era molto esiguo. Per questo è stato votato, non so se Kamala Harris fosse una candidata debole ma sicuramente ha sbagliato l’approccio”.

Tra Trump e Harris, chi avrebbe votato?

“Penso che non avrei votato affatto, magari mi sarei buttato su qualche candidato indipendente ma sarebbe stato difficile Harris, ma anche Trump”.

Lei dice di non vedere il pericolo del ritorno del fascismo ma ogni 25 aprile monta la polemica perché Giorgia Meloni non vuole dirsi antifascista...

“Meloni ha accettato in pieno, in realtà, il documento della svolta di Fiuggi che parlava proprio di valori che il fascismo aveva conculcato, segnando un allontanamento da quella ideologia. Lei non vuole definirsi antifascista – e me lo disse – perché lega il termine alla lotta armata quando si diceva che uccidere un fascista non era reato. Quanto alle polemiche sulla Liberazione non le capisco. È giunto il momento di superarle, soprattutto chi non c’era le porta avanti: onore ai partigiani veri ma chi oggi ha vent’anni o poco più che fascismo ha vissuto?”.

La destra è al governo e molti, dello schieramento opposto, temevano proprio una possibile deriva verso posizioni estreme: il suo giudizio?

“Sfido chiunque a dire che la politica del governo, in questo momento, è una politica liberticida, autoritaria, fascista mi sembrerebbe davvero difficile. Meloni è stata brava per quanto riguarda la politica interna ma anche abile in politica estera dove, per una congiuntura favorevole, un veto su un altro candidato, è riuscita a fare eleggere come vicepresidente della Commissione Ue Raffaele Fitto. Ha giocato bene la sua partita”.

Le ultime elezioni regionali hanno portato a una vittoria della sinistra. Segnali di indebolimento della destra?

“Non direi proprio. In Emilia-Romagna era scontato, in Umbria un po’ meno, ma poteva starci. La sinistra però è molto brava a costruire uno schieramento quando si tratta di fronteggiare un avversario ma poi inevitabilmente si divide quando si tratta di fare qualcosa. La destra, invece, nonostante tutte le divisioni e i distinguo riesce a stare unita. Questa è la sua forza”.

Che cosa pensa dell’astro nascente nel centrodestra, il generale Vannacci?

“Per carità... Sono un po’ in imbarazzo, raccoglie voti con lo stesso modello che porta al populismo: dice cose in televisione che si direbbero al bar, quello che scrive nel libro è del tutto non condivisibile. Salvini è stato abile a prenderlo con sé come generale pittoresco ma una corsa solitaria la vedo dura”.

Qual è oggi il suo rapporto con Giorgia Meloni?

“Ci sentiamo quando è necessario, la chiamo se ho qualcosa da chiedere ma è giusto lasciare i giovani operare”.

Non è più sulla scena politica. Perché?

“Anche oggi faccio politica, incontri per portare le persone a riflettere. Da anni lavoro su un progetto: capire l’Islam europeo e i possibili rischi. L’integrazione ci deve essere ma c’è un rischio legato all’islamizzazione dell’occidente”.

(Intervista raccolta da Sandra Nistri)