Sabato 6 Luglio 2024
GIORGIO CACCAMO, INVIATO
Politica

G7, dietro le quinte. Selfie, sorrisi e battute: Meloni smorza la tensione. E Biden diserta la cena

La premier accoglie i grandi della Terra, tutti alle prese con grane politiche. Scherza con i fotografi e bacchetta il presidente americano per il ritardo

Bari, 14 giugno 2024 – ”Sì, vi taggo tutti. Famo il post più lungo della storia". Giorgia Meloni sa che sul “suo“ G7 italiano sono puntati gli occhi di tutto il mondo, anche dei suoi critici. La tensione c’è, ma la premier la stempera già all’inizio del vertice a Borgo Egnazia, quando Joe Biden si fa attendere per una ventina di minuti per i saluti di rito. Meloni inganna l’attesa facendo un maxi selfie con fotografi e cameramen. " Cheese! ". Alla richiesta dei fotografi di essere taggati sui social, ecco la risposta: facciamo il post più lungo della storia.

Il presidente Mattarella accoglie Ursula von der Leyen alla cena al Castello Svevo di Brindisi (Ansa)
Il presidente Mattarella accoglie Ursula von der Leyen alla cena al Castello Svevo di Brindisi (Ansa)

La protagonista della giornata è lei. Arriva a bordo di una 500 cabriolet vintage, mentre l’auto ufficiale è la Maserati Grecale. Il vertice l’ha curato lei personalmente. Anche nel look. Il suo, innanzitutto: tailleur e pantaloni “a palazzo“ rosa, top – della bresciana D.Exterior, made in Italy anche nella manodopera – e scarpe in tinta. Toni tenui, rassicuranti, studiati. Anche Ursula von der Leyen è in rosa.

La pietra gialla, gli ulivi secolari, persino lo sciabordio quasi zen delle fontane: lo sfondo che accoglie i Grandi vuole essere rassicurante come Meloni. Che dice di aver scelto la Puglia per "rafforzare il dialogo con le nazioni del Sud globale". Quando arriva, Biden ha gli occhiali da sole da perfetto yankee, li toglie solo quando si avvicina alla premier, che bonariamente lo bacchetta per il ritardo. "Non si fa aspettare una donna". Emmanuel Macron e Olaf Scholz non si sono ancora ripresi dalle batoste elettorali e sono i più tesi. Scholz non si scioglie: solo strette di mano e nessun abbraccio.

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Quando arriva il britannico Sunak, sembra che Meloni riveda un vecchio amico, si abbracciano e parlano amabilmente anche della location. Come con il canadese Trudeau: sorrisi e pollice su. Poi la tradizionale foto di famiglia. Dopo le prime sessioni, sarà il caldo, sarà il clima disteso tra amici e alleati, Macron, Trudeau, Sunak e pure il giapponese Kishida restano in maniche di camicia, anche quando entra l’ospite clou. Che invece sfoggia l’ormai proverbiale divisa: felpa e pantaloni verde militare. Volodymyr Zelensky qui è l’amico di tutti, ma l’abbraccio più forte glielo riserva la premier. Biden, ancora una volta, si fa attendere. Si rimetterà i Ray-Ban sul green del golf club, dove tutti, visibilmente più rilassati a fine giornata, stanno con gli occhi all’insù per ammirare le evoluzioni dei parà della Folgore con le bandiere del summit.

"Sei anatre zoppe e Giorgia Meloni", aveva commentato il sito Politico prima ancora che aprissero le porte di Borgo Egnazia. Gli altri hanno grane in casa, politiche, elettorali ed economiche; lei no e vuole mettere gli ospiti a loro agio: "Spero che in questi due giorni, nonostante si lavorerà moltissimo, riuscirete anche ad assaporare un po’ dell’ospitalità per la quale l’Italia è famosa nel mondo".

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E che cosa c’è di meglio della cucina? Per quello è stato arruolato il tristellato Massimo Bottura. Il menù è un giro d’Italia. Ieri è stato servito pure il granchio blu nella cena inaugurale al Castello Svevo di Brindisi, offerta dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ma alla quale, alla fine, Biden non ha partecipato. "È affaticato per i molteplici impegni", fanno sapere dalla sicurezza.

Non è l’unico: anche Brindisi è un po’ assente. La città è deserta, blindata. Pochi turisti, negozi chiusi, zone rosse intorno al Castello, bandiere tricolori, ma anche qualche vessillo arcobaleno della pace esposto da chi non vuole il vertice “di guerra“. Proprio qui, all’ombra del castello che fu sede del governo d’Italia dopo l’armistizio del 1943, fatto costruire sette secoli prima da Federico II, lo Stupor mundi , il “sultano battezzato“ che parlava la lingua del dialogo e della contaminazione.