Giovedì 28 Novembre 2024
Giulia Prosperetti
Politica

Il futuro dell’editoria, l’impegno del governo: al lavoro per più fondi

Il sottosegretario Barachini al convegno sui 20 anni della riforma Gasparri. “Vanno sostenuti i quotidiani locali che vivono una crisi di vendita importante”. Riffeser Monti (Fieg): serve una legge di sistema di cinque anni per la transizione

Un momento del convegno sul futuro dell'editoria in sala Koch al Senato

Un momento del convegno “Editoria e media nell’era digitale“ in Senato

Roma, 28 novembre 2024 – Ripensare il sistema dell’informazione nazionale in una logica di ‘alleanza’ che salvaguardi televisioni e giornali dalla concorrenza sleale degli over the top, i colossi del web. È l’appello lanciato nel corso del convegno ‘Editoria e media nell’era digitale. Riflessioni sul futuro a 20 anni dalla Legge Gasparri’ che ha riunito, ieri, nella sala Koch del Senato l’intellighenzia dell’editoria italiana.

In un mondo totalmente cambiato rispetto alla fotografia scattata nel 2004 "è necessario un aggiornamento che guardi al futuro” ha affermato il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri. Dopo vent’anni le cose da fare – ha spiegato Gasparri – sono tante: “è necessario limitare l’incidenza eccessiva dei governi all’interno della Rai, frutto della riforma Renzi, riconsegnando al Parlamento il suo ruolo di editore; combattere l’impunità fiscale dei giganti della rete che hanno sede in Irlanda pagano solo l’1% delle tasse in Italia; tutelare maggiormente il diritto d’autore a livello europeo; rafforzare i poteri dell’Agcom; rimpinguare il fondo per i giornali che sono la base di tutto”.

In uno scenario caratterizzato da fake news e dai rischi di distorsione della realtà derivanti da una presenza sempre più pervasiva dell’intelligenza artificiale, per tutelare l’informazione è necessario partire dai giornali. "Il dato fondamentale – ha affermato il vicepresidente della Fieg, Francesco Dini – è che i quotidiani rimangono la linfa vitale del pluralismo. E se si vuole mantenere il pluralismo nel Paese non si può evitare di avere un sussidio pubblico. Abbiamo il sostegno di un partito di maggioranza che è Forza Italia ma per il resto siamo soli. O si interviene o il sistema va ulteriormente a impoverirsi. Non ci sono state per ora chiusure di aziende, ma siamo molto vicini a un punto di rottura. La legge di Bilancio è una grande occasione per recuperare quello che è stato perso”.

"Ancora oggi i giornali – ha sottolineato Andrea Riffeser Monti, presidente della Fieg – da mezzanotte in poi continuano a dettare l’agenda informativa su cui vivono tv e radio. Chiediamo di fare una legge di sistema di 5 anni per avviare una transizione tra carta e digitale per dare gli strumenti di lavoro a editori e giornalisti. Sono cose che si possono fare ma ci vuole la volontà politica di tutti i partiti al governo. Negli ultimi 5 anni si sono succeduti 4 governi che hanno sostenuto e mantenuto in essere la carta stampata, ne dobbiamo dare atto. Chiediamo a questo governo che ci sia l’unanimità per riuscire a fare un prodotto di qualità”.

Un appello raccolto dal sottosegretario all’Editoria, Alberto Barachini. "Stiamo lavorando per incrementare i fondi all’editoria. Stiamo cercando di rivedere i criteri di assegnazione dei fondi e ovviamente di aumentare i fondi dove è necessario. Ci sono diversi elementi da tenere in conto: l’editoria digitale che si dota di responsabilità maggiori e di contratti giornalistici reali ha bisogno di essere sostenuta, come hanno bisogno di essere sostenuti i quotidiani locali che vivono una crisi di vendita importante”.

Ma non basta. Per trovare un nuovo equilibrio del sistema – ha aggiunto il presidente della Fieg – bisogna “tornare al concetto di responsabilità. Nessuno deve poter più aprire blog o siti se non deposita la propria carta d’identità”. Tra le richieste avanzate dal presidente della Fieg anche quella di «rivedere le quote Agcom del 20% della carta stampata. Un limite, ormai, anacronistico: “Oggi – ha detto – un gruppo editoriale potrebbe arrivare anche al 30-35% che non muore la democrazia”.