Roma, 27 dicembre 2019 - Dopo la crisi di Ferragosto, le dimissioni di Natale. Che non preoccupano più di tanto il premier Giuseppe Conte. Se le aspettava, dicono a Palazzo Chigi. Lo strappo di Lorenzo Fioramonti era nell’aria da settimane. Il premier aveva più volte provato a tranquillizzarlo, chiedendogli di pazientare perché prima o poi le risorse per scuola e università sarebbero saltate fuori, magari rosicchiando soldi dal contenimento dello spread e dal recupero dell’evasione. Ma niente. Il ministro dell’Istruzione non ha voluto aspettare e adesso il suo nome è un’altra mina per il Conte bis, già indebolito dalla guerriglia interna ai 5 Stelle, dall’ansia di protagonismo di Matteo Renzi, dalle tensioni col Pd su prescrizione e giustizia e messo a rischio dal voto del 26 gennaio in Emilia-Romagna.
Scuola e università, i limiti della manovra 2020
Un voto che Conte potrebbe attendere prima di designare il prossimo titolare del dicastero di viale Trastevere, anche se il Quirinale spinge per una soluzione-lampo in modo da sminare nuove tensioni tra alleati. La soluzione, però, non è a portata di mano. E Conte – è la voce di queste ore – potrebbe coprire l’interim dell’Istruzione (Nicola Morra pare si stia sfilando), visto che la sottosegretaria grillina, Lucia Azzolina, non sembra il nome potabile per ricoprire l’incarico, mentre nel Pd scalpitano (nel caso in cui il governatore Bonaccini dovesse essere riconfermato in Emilia-Romagna) per acciuffare quella poltrona; per fare "esattamente il contrario di quel che ha fatto Renzi con la scuola", sostengono dal Nazareno. Di Maio, invece, quella poltrona la vuole conservare. E così, accanto alle autocandidature delle ex ministre Barbara Lezzi e Giulia Grillo, figurano esponenti come gli attuali sottosegretari alla Cultura e al Lavoro Anna Laura Orrico e Stanislao Di Piazza, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, o il parlamentare e primario medico Giorgio Trizzino. Ma non è ancora il tempo delle scelte per Conte.
All’ex ministro non piaceva un M5s troppo schienato su Di Maio. Voleva tornare "ai contenuti e alla filosofia primordiale del Movimento che nacque progressista e ambientalista". Oggi, la linea di Di Maio è opposta. Fioramonti ha tratto le conseguenze. Anche perché, spiegava, "c’è un’azienda privata che gestisce, non si capisce a che titolo, le nostre risorse (la Casaleggio, ndr) e si è inserita nella nostra linea politica". Così Fioramonti ora potrebbe prendere la guida di un nuovo gruppo parlamentare, partendo dalla Camera (al Senato potrebbe pescare da Leu) in veste di anti-Di Maio. Fioramonti vuole sostenere Conte, nel caso qualcuno volesse terminare la legislatura anzitempo. Starebbe lavorando a un partito ecologista sul modello dei Verdi tedeschi. Ci sarebbero Andrea Vallascas, Massimiliano De Toma, Mara Lapia, Paolo Giuliodori, Felice Mariani, Roberto Rossini, Paolo Lattanzio, Nadia Aprile, Nunzio Angiola, Roberto Cataldi e Rachele Silvestri (che, però, nega). E non sarebbero finiti qui.