“Mi auguro che von der Leyen faccia un discorso ambizioso e coraggioso e non di retroguardia. E spero che abbia tanti voti e tanti voti italiani. Perché è fondamentale che, soprattutto oggi con la prospettiva americana di un’elezione di un Trump trionfante, l’Europa sia unita e che l’Italia ci sia e che non sia marginale in tutto questo". L’avviso arriva da Enrico Letta, un leader politico che ha fatto dell’Europa la sua stella polare da sempre e che oggi, in una delle sue rare interviste, parla soprattutto da presidente dell’Istituto Delors e da rapporter della Commissione sul mercato unico europeo, una missione che ha raccontato nel suo recente saggio "Molto più di un mercato".
Il suo auspicio, dunque, è che Meloni voti a favore?
"Auspico che quell’astensione in Consiglio Ue si trasformi in voto a favore. Sarebbe molto negativo se l’Italia si isolasse. Un voto contrario o un’astensione vuol dire isolarsi. E alla fine questo isolamento lo pagheremmo".
Quali sono i rischi di un isolamento?
"Già lo si è visto. Alla fine, le grandi cariche europee se le sono divise i leader politici e i Paesi principali e l’Italia non c’è stata in quel passaggio. E si è arrivati a quella decisione con l’Italia fuori dal tavolo. Il mio auspicio è che l’Italia torni a quel tavolo. E ritengo che per questo sia fondamentale che Meloni compia l’evoluzione indicata. È interesse di tutti che questo accada. Non c’è l’interesse di nessuno che Meloni, primo ministro del nostro Paese, finisca come Orban. Per essere chiari".
C’è chi ipotizza, in caso di non voto alla von der Leyen, conseguenze anche sull’atteggiamento di Bruxelles rispetto ai nostri conti pubblici.
"Il problema è molto semplice. Orban certe cose se le può permettere anche perché l’Ungheria è fuori dall’Euro. Noi no. Dunque, tutto quello che va in direzione di non metterci sulla strada dell’Ungheria è positivo per i lavoratori e le imprese, per il nostro Paese".
Eppure, non manca, a sinistra, chi non vuole votare come vota Meloni.
"Capisco il piano tattico, ma io non sono per il tanto peggio tanto meglio. Penso che una situazione alla ungherese sarebbe pessima. Noi abbiamo bisogno della solidarietà dei Paesi dell’Euro e abbiamo bisogno di stare dentro dinamiche che ci consentano di coprire la nostra grande esposizione del debito italiano. E non possiamo permetterci di correre rischi".
Le scelte tattiche, chiunque le dovesse fare, farebbero, insomma, il male dell’Italia?
"Se si guarda la big picture, se si guarda il quadro generale, alla fine oggi ti devi fermare a quello che ho auspicato. Immaginiamo, al contrario, che von der Leyen non passi. L’Europa andrebbe in frantumi e i primi a brindare sarebbero Putin e Trump. È semplice".
Orban, del resto, sta da un’altra parte, rispetto a Meloni, anche su Nato e Ucraina.
"Mi sembra evidente".
Lei chiede, però, che von der Leyen faccia la sua parte: che cosa significa che deve fare un discorso coraggioso?
"Significa non fare un discorso di banale continuismo. La cosa principale è che lei deve chiaramente dire come intende reperire le risorse comuni, private e pubbliche, per finanziare la transizione verde giusta e quella digitale. Servono più 600 miliardi di euro l’anno. Questi soldi vanno trovati. Nel mio rapporto e nel libro ho messo in campo una proposta".
Quale?
"La creazione di un grande strumento di risparmio europeo che, attraverso un incentivo fiscale, faccia felici i risparmiatori (con tassi migliori in Europa di quelli che hanno oggi in Usa) e che, con meccanismi di incentivazione, consenta in parte di finanziare progetti comuni. Con un accordo su fondi pubblici per la transizione verde. Spero che la presidente prenda questa proposta o prenda altre proposte ma dia una risposta su come si finanzia la transizione. Chi seguirà il suo discorso, lavoratori, imprese e famiglie, vorrà capire come l’Europa intende accompagnare la transizione. La seconda cosa che dovrebbe fare è prendere in mano la bandiera dell’innovazione".
In che modo?
"Il mercato unico è il mercato delle cosiddette quattro libertà: beni, servizi, capitali e persone. Io ho voluto proporre che questa legislatura sia quella della quinta libertà: l’innovazione e la conoscenza. Le prime sono legate all’economia tangibile del Novecento. Noi dobbiamo buttarci su quella intangibile. Così si dà un futuro di innovazione all’Unione europea".
Rimane «anche» il nodo della difesa comune da affrontare e da finanziare.
"Io propongo che si trasformi il Mes in uno strumento di finanziamento della difesa comune, perché il Mes rischia di essere inutilizzato. Se lo usiamo per finanziare la difesa comune è un passo avanti rilevante".
Nel caso vinca Trump, l’Europa saprà «resistere» alla sua America?
"I messaggi di Trump e Vance sono molto anti-europei. L’Europa resisterà a quella America solo se sarà forte e unita e io sono molto, molto preoccupato perché l’unità non è certa e perché abbiamo una grandissima difficoltà nell’economia europea. Dobbiamo, dunque, essere più uniti proprio perché dobbiamo affrontare anche questa sfida".