Onorevole Enrico Costa (Azione), da ex viceministro della Giustizia, come valuta le dichiarazioni del ministro della Difesa Guido Crosetto su "l’opposizione giudiziaria"?
"Mi pare che le parole del ministro facciano riferimento a riunioni di corrente della magistratura in cui si è discusso in modo abbastanza esplicito su come contrastare posizioni del governo Meloni".
Si riferisce all’assemblea di Area a Palermo?
"Dopo il caso Apostolico (la giudice Iolanda, che non ha convalidato il trattenimento nei Cpr di alcuni migranti, ndr.) si è creata tensione. Con scambi di accuse tra le stesse toghe, fino a rimproverare le altre correnti di spalleggiare la maggioranza. Quando il segretario di Area, Eugenio Albamonte, ha rilasciato un’intervista molto dura sul governo, facendo riferimento a un attacco agli organi di garanzia, ho osservato come Area si era trasformata da corrente togata in partito".
Uno sconfinamento inappropriato?
"È evidente fosse una forzatura. Quando Crosetto parla di queste riunioni di corrente, io lo leggo in questi termini. Lui dice: siamo forti e stabili, possono capitare solo interventi esterni. D’altra parte, quando si afferma che la magistratura è l’unico soggetto che può intaccare la forza di un governo, mi pare una constatazione che appartiene alla Storia".
Non c’è qualche contraddizione tra la diffidenza del governo verso le toghe e una politica improntata all’aumento dei reati e delle pene?
"Dico di più: questo governo aveva debuttato col ministro Nordio che annunciava lotta al panpenalismo, salvo poi far ricorso al codice penale di fronte a ogni emergenza vera o presunta. Piantedosi, Roccella, ultimo Urso sul made in Italy: ogni giorno un ministro esibisce il pugno duro varando aumenti di pena. Si pensa che i cittadini si appaghino di soluzioni penalistiche, mentre chi esprime una critica rispetto a questo incremento dei reati e delle pene viene descritto come un colluso con chissà quali interessi. E il Guardasigilli a far da semplice spettatore. Lo dico con tristezza".