Domenica 8 Settembre 2024
RAFFAELE MARMO
Politica

Rebus campo largo, la versione di Emiliano: "Renzi? Tutti sono utili Ma non indispensabili"

Il go vernatore della Puglia: costruiamo una comunità prima del programma "Il problema è gestire partiti unipersonali legati all’umore di certi leader" Il ritorno della segretaria dem Schlein: "Possiamo essere l’alternativa"

Michele Emiliano, presidente Regione Puglia

Michele Emiliano, presidente Regione Puglia

Roma, 30 agosto 2024 – Presidente, come vede lo stato di salute e le prospettive del campo largo?

«Quando si contrasta chi ce l’ha con i poveri, i disoccupati, i migranti, i meridionali, i malati, le famiglie per come sono effettivamente, i lavoratori precari e malpagati, l’alleanza di tutti quelli che hanno questa visione del mondo è necessaria – avvisa Michele Emiliano, governatore pugliese, piddino sempre un po’ eretico - Io che ho sempre lavorato ad unire Pd e 5stelle non posso che confermare la giustezza della linea di Elly Schlein che, nella sostanza, dice “tutti sono utili”. Ma se ogni aspirante componente della coalizione comincia a porre condizioni che dividono senza motivazioni di merito che si possono discutere, mi verrebbe, però, da aggiungere “che nessuno è indispensabile”».

Dalla Liguria a Bari, però, il rapporto con i grillini non sembra pacifico?

«Hanno avuto una battuta d’arresto alle Europee probabilmente per mancanza di esperienza politica di coalizione. Andare d’accordo dentro una coalizione è una fatica quotidiana basata su intelligenza e senso del limite. Hanno costruito una bella comunità unendo quelli che erano “contrari”. Si stanno arrovellando adesso che devono decidere a cosa sono favorevoli».

Nella coalizione c’è posto anche per Matteo Renzi?

«Tutti sono utili».

C’è chi, come Giuseppe Conte e non solo, paventa, però, il rischio che faccia perdere voti più che farli guadagnare.

«Questo è sicuro, ma quando si sceglie una linea politica anche questo può accadere. Il vero problema è la gestione di alleanze con partiti politici uni personali legati all’umore e alle bizze illogiche dei loro leader».

Come si può, allora, costruire l’alternativa alla destra?

«Ho già detto: costruendo una comunità, prima ancora che un programma, solidale e senza odi interni. Non sono consentiti ospiti che continuano a succhiare le gomme del Pd adesso che grazie ad Elly siamo usciti dalla crisi delle elezioni che hanno premiato la destra. Serve un sentimento e delle ragioni che vanno trasmessi al popolo italiano. Il discorso di accettazione della candidatura di Kamala Harris mi sembra un ottimo esempio di quello che dobbiamo fare. Unire tutti gli italiani che non credono al post-fascismo meloniano, che è inaccettabile sotto l’aspetto delle libertà individuali e dei diritti di eguaglianza e pari dignità, che è disarmante e incapace sotto il profilo economico».

Ipotizza che il governo Maloni possa entrare in crisi prima della fine della legislatura?

«Il disastro del Pnrr che ci troveremo a fronteggiare a breve senza una proroga da parte dell’Unione Europea, il ritardo di due anni nella assegnazione dei fondi nazionali per il Sud, la distruzione dello strumento delle Zes che le aziende non hanno più convenienza ad utilizzare, la irrilevanza politica nel nuovo governo europeo e la mancanza di un ruolo efficace nella guerra in Ucraina e nel conflitto tra palestinesi e israeliani, sono nodi che potrebbero portare anche alla caduta anticipata di questo governo. Senza parlare della distruzione dell’Unità nazionale costituita dalla legge Calderoli sulla autonomia differenziata».

L’autonomia è, in ogni caso, il grande fattore unificante della sinistra: ma la battaglia non è facile.

«L’articolo 116, comma 3, della Costituzione non è una via obbligatoria e non è, secondo me, la via costituzionale migliore per una grande riforma dei rapporti e delle competenze di Stato e Regioni. Si sta forzando la mano spaccando l’Italia. Continuo a pensare che la via maestra può essere solo un disegno di legge costituzionale che ex articolo 138 ridisegni i poteri delle regioni senza fare differenze tra regione e regione. Altrimenti agevoleremo il disegno del Nord di appropriarsi di quote sempre più grandi del bilancio dello Stato a spese del Sud. Dando vita potenzialmente a 20 ordinamenti giuridici diversi uno per ogni regione».

Come convincere anche il Nord che l’autonomia non va bene anche per loro?

«Se Confindustria e diverse altre organizzazioni di impresa sono contrarie alla legge Calderoli ci sarà pure una ragione e se tutti i sindacati tranne qualcuno stanno raccogliendo le firme per il referendum per abolire la legge Calderoli ciò vuol dire che la gran parte del Nord e del Centro si sono resi conto dei danni e delle disfunzionalità di questa scelta. Finanche la Cei, per voce del vescovo Francesco Savino, ha manifestato preoccupazione su questa legge che crea tante Italie e rischia di scatenare un far west tra regioni».