Roma, 10 novembre 2022 - Stabilito che il giudizio di un ex, perfido di suo, come Andrea Marcucci, è ingeneroso ("Letta rischia di fare più danni dopo il 25 settembre che prima"), grande è la confusione, sotto il cielo del Pd, ma la situazione non è per niente eccellente. I tempi del congresso sono fin troppo lunghi: 5 mesi, mentre in Italia e nel Mondo succede di tutto.
Il regolamento congressuale è pasticciato: potranno votare anche i ‘non iscritti’ al Pd, secondo il segretario, il che fa a pugni con la logica. Le alleanze con gli altri partiti di opposizione o stanno al grado zero Fahrenheit (il Terzo Polo, in Lombardia, candida la Moratti) o sono sonori schiaffoni che il Pd prende – come dai 5Stelle in Lazio, che andranno da soli – senza poterli ridare. L’ultima notizia utile a intorbidare le acque è di ieri e si è diffusa come un baleno, dentro il Transatlantico: si scalda, ai blocchi di partenza, come futuro leader dei dem, un altro candidato.
O, meglio, un’altra. Trattasi di Elly Schlein. La ormai ex vicepresidente del consiglio regionale dell’Emilia-Romagna, fresca fresca di nomina a deputata semplice (si è fatta assegnare alla commissione Affari costituzionali), ha deciso che ‘alea iacta est’, il dado è tratto, anche se lei lo direbbe metà in svizzero e metà in americano, dato che è di triplice nazionalità. Entro pochi giorni, una settimana al massimo, Elly annuncerà la sua ‘discesa in campo’: così ha confidato ai colleghi e pure a suoi: state pronti. Solo che, a differenza di quanto si potrebbe pensare, la sinistra interna che viene dal Pci-Pds-Ds,non appoggerà la pasionaria dei diritti. Infatti, il nume tutelare dell’ex Pci, Goffredo Bettini, "non la può vedere neppure dipinta", ghigna chi lo conosce bene, mentre il paladino della sinistra storica (interna al Pd), Orlando, si vuole candidare lui, come frontman dell’area.
Insomma, la Schlein, che neppure è iscritta al Pd, si candiderà da sola. Al massimo con l’appoggio di una (nutrita) schiera di movimenti dal basso, modello ‘occupy Pd’, nati di recente. Il problema è che il campo dei candidati alla segreteria dem in vista del congresso anticipato che si terrà a marzo è, a dir poco, assai affollato. Una sorta di ‘X Factor’ che, tuttavia, assomiglia più alle sagre paesane dove chi passa dice la sua. Solo a metterli in fila, infatti, i candidati, ad oggi, sono già fin troppi.
C’è il governatore emiliano, Stefano Bonaccini, la cui discesa in campo è certa (è, cioè, ormai, un segreto di Pulcinella che abbisogna solo del timbro dell’ufficialità), che godrà, oltre che della sua notevole forza esogena, dell’appoggio di Base riformista e di altri liberal. Poi, ci sono due outsider: l’ex ministra lettiana Paola De Micheli, e il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, che già girano l’Italia in cerca di consensi. L’attuale sindaco di Firenze, Dario Nardella è a sua volta ‘tentato’. Solo così siamo a cinque candidati, forse sei
(se Orlando scioglierà la riserva), di cui già ben due sono donne. Altri ancora si proporranno, ma solo due arriveranno alla selezione finale, le primarie aperte. Sempre che, stante i sondaggi che vedono il Pd precipitato al 14% e sotto i 5Stelle, sia ancora in piedi, un partito, da guidare.