Botnet da orbi. La campagna elettorale italiana è ufficialmente scattata da pochi giorni, ma la macchina della disinformazione – a trazione quasi esclusivamente russa – viaggia già a tutta velocità. E sarà proprio la propaganda a dominare i prossimi mesi, mentre gli attacchi hacker (usati nella maggior parte dei casi per mettere fuori uso specifici siti web o carpire informazioni) saranno sfruttati in modo mirato. Ma come funziona l’infowar, la guerra dell’informazione? E come vengono sfruttati i bot per diffondere false notizie?
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Cosa sono le fabbriche di troll?
L’espressione troll factory, fabbrica di troll, è emersa nel 2015, quando il New York Times scoprì l’esistenza a San Pietroburgo dell’Internet Research Agency, un’azienda di 400 persone, gestita dall’oligarca Yevgeny Prigozhin, dedita alla disinformazione a livello industriale. I dipendenti-troll pubblicavano a ciclo continuo sui social elogi al presidente russo e critiche ai Paesi ostili alla Russia. L’Ira ha operato durante l’annessione della Crimea nel 2014 e nelle elezioni presidenziali del 2016 vinte da Donald Trump.
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Come funzionano e come agiscono?
I dipendenti delle fabbriche dei troll creano falsi profili sui social per veicolare la disinformazione. Gli account devono essere verosimili, per cui molto spesso vengono create finte biografie. Le foto dei profili sono tratte da banche dati già pronte, in modo da ingannare i motori di ricerca. Molto spesso, per fare rete, i falsi profili sono collegati tra loro. I dipendenti lavorano a turno per garantire un flusso continuo di disinformazione.
Cosa producono le fabbriche di troll?
Oltre alla disinformazione sui social, le troll factory creano veri e propri siti web per supportare le loro operazioni e commentano attivamente su forum e siti di informazione tradizionali. A volte generano finte discussioni tra profili controllati per aumentare il senso di realtà.
Quali sono gli effetti?
Le troll factory russe durante la campagna elettorale Usa del 2016 hanno generato oltre 3 milioni di tweet e sono riuscite a raggiungere con i loro messaggi circa 140 milioni di americani. I contenuti creati dai troll, infatti, vengono poi condivisi da quelli che vengono definiti ‘volontari’, ovvero persone che diffondono spontaneamente i messaggi di propaganda, perché in linea con le loro opinioni politiche.
A cosa servono esattamente i bot?
Le operazioni dei troll sul web sono supportate dai bot: programmi che inviano messaggi automaticamente a seconda della rilevazione di specifiche parole chiave. Le azioni di questi software generalmente non sono molto sofisticate.
Quando vengono usate le botnet?
Le troll factory sfruttano questi programmi instancabili per entrare in tendenza nei social media, creando l’illusione che un dato tema sia rilevante per l’opinione pubblica. I bot, ad esempio, vengono scatenati per rilanciare ossessivamente un hashtag (una parola chiave preceduta dal simbolo #, usato per facilitare le ricerche), in modo da farle guadagnare popolarità. Quando questi programmi agiscono in maniera coordinata si parla di botnet, ovvero rete di bot. Durante i dibattiti presidenziali tra Donald Trump e Hillary Clinton, secondo il Computational Propaganda Research Project di Oxford, questi software hanno rilanciato i messaggi del tycoon cinque volte di più rispetto a quelli dell’ex first lady.
E le operazioni di cyber-spionaggio?
Ma non c’è solo la comunicazione. Le reti di cracker (hacker dediti ad attività illegali) vengono utilizzate per carpire informazioni riservate in grado di danneggiare gli avversari politici di Mosca. Il Cremlino chiude un occhio sulle attività illegali di questi team informatici (truffe online, furto di carte di credito...) in cambio del loro aiuto.
Quali elezioni hanno influenzato i troll?
Oltre alle elezioni presidenziali americane del 2016, il ruolo dei troll legati a Mosca è stato decisivo anche nel determinare l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. Ci sono prove che il Cremlino abbia cercato di influenzare attraverso il web anche le elezioni presidenziali francesi del 2017 e quelle europee del 2019.