Roma, 25 luglio 2023 – “Ursula von der Leyen batte Manfred Weber 2 a 0. Le elezioni spagnole ci dicono che la formula per l’Europa è la formula Ursula. Meloni si può tranquillamente aggiungere alla maggioranza che elesse la von der Leyen, e se è intelligente lo farà, ma se pensa di sovvertire questa alleanza a favore di un accordo tra popolari e conservatori rischia di essere velleitaria". Così il senatore Pier Ferdinando Casini, nella famiglia del Ppe da una vita, già presidente della Camera, oggi senatore con il Pd.
In un post su Facebook lei invita le forze di governo a “far tacere la propaganda e ad esaminare i risultati” spagnoli. E aggiunge: “intelligenti pauca”, come dire a buon intenditor poche parole. Nel senso che sarebbe un azzardo ipotizzare un cambio in alleanze in Europa?
"Ma certo, perché sarebbe il sovvertimento della linea dei grandi leader democratici cristiano europei, da Kohl alla Merkel. Della collaborazione tra leader di famiglie politiche diverse come Kohl e Mitterrand che ha dato tanto all’Unione europea. A Bruxelles c’è bisogno del concorso delle grandi famiglie politiche per reggere il peso di una Europa che non è uno Stato ma una struttura complessa che si regge su un delicato equilibrio e che pertanto necessita di una collaborazione istituzionale più ampia. Ritenere che uno schema italiano, che fotografi l’attuale maggioranza di governo, possa andare bene in Europa è fuori dalla realtà. A volte mi chiedo se c’è mancanza di senso storico o ingenuità. O tutte e due...".
Ma il cuore di Meloni batte per Vox e per avere a Bruxelles una maggioranza di destra-centro...
"Io capisco la solidarietà, le affinità del passato, ma mentre Meloni è stata votata dagli italiani perché è riuscita a essere inclusiva e convincente e ha per questo sfondato anche sull’elettorato centrista, il leader di Vox è visto in Spagna come un pericoloso estremista, del quale gli spagnoli, anche conservatori, hanno avuto paura preferendo un Pp, che è un bastione dei moderati. Non capisco quali vantaggi abbia avuto Meloni a sponsorizzarlo. Però ognuno è artefice del proprio destino e Meloni non ha bisogno dei miei consigli. Ma le dico una cosa: oggi c’è una liquidità della politica che prima non c’era. Avere il 30% non significa averlo in eterno, chieda a Salvini, che dal 30% è arrivato all’8% in 3 anni".
Qualcuno riuscirà a dare un governo alla Spagna o si andrà a nuove elezioni?
"Se c’è qualcuno che può farlo è Sánchez, che ha un rapporto con i partiti regionali complicato, ma assai migliore di quello dei popolari e aveva messo assieme un raggruppamento di sinistra di governo credibile. Ma non lo farà perché non gli conviene, dato che, visto che è cambiato il vento, cercherà di tornare alle elezioni e vincerle".
È invece esclusa una ’grosse koalition’ popolari-socialisti?
"È molto fuori dalla tradizione politica spagnola. I leader dei due partiti preferiscono tornare a elezioni piuttosto che fare una scelta che non sarebbe capita e finirebbe per indebolirli".
Dal voto spagnolo qual è la lezione per l’Italia, oltre al suggerimento alle forze di maggioranza a non tentare di replicare in Europa la formula politica che qui ha vinto?
"Primo che l’estremismo non paga. E secondo che la politica è imprevedibile e che pertanto anche gli esiti che paiono essere già prefigurati poi si scontrano con la realtà e vengono clamorosamente smentiti. Questo risultato dovrebbe far capire a destra di non giocare con gli estremismi e a sinistra che le partite non sono chiuse e che l’importante è giocarle con intelligenza e acume. Come ha fatto Sánchez, che ha avuto il coraggio di sciogliere le camere e oggi non solo è ancora in partita, ma è il primo della partita. E Sanchez sta mostrando anche un’altra cosa alla sinistra italiana: l’importanza di avere un ventaglio di alleanza possibili. Churchill diceva che l’alternativa ad avere alleati scomodi è non averne affatto. Il che significa che il Pd non deve guardare solo ai Cinque Stelle, ma anche al cosiddetto Terzo Polo".