Roma, 27 febbraio 2024 – Una sconfitta scottante per “una manciata di voti, uno sputo” che “dà fastidio”, dice Paolo Truzzu, candidato del centrodestra alle elezioni regionali in Sardegna. Pochi, ma abbastanza per vedersi togliere per un soffio il governo della regione. “Ho chiamato Alessandra Todde (candidata del centrosinistra, ndr) e mi sono congratulato”. Lo scarto è di circa 3000 voti (i dati si riferiscono a 1822 seggi su un totale di 1844): l’imprenditrice sarda ottiene il 45,3% delle preferenze contro il 45% del sindaco di Cagliari. In conferenza stampa, di fronte ad una sala gremita di giornalisti, il peso della sconfitta necessita di essere razionalizzato. Perché non c’è stata una riconferma del trend nazionale? Perché il centrodestra questa volta ha fallito? Truzzu non esita a mettere subito in chiaro una cosa: “le elezioni non sono state influenzate da fattori nazionali”. E punta il dito su se stesso: “Ho perso io – dice – e me ne prendo la responsabilità”. “Ho chiamato Todde e le ho fatto gli auguri”
Tirando le somme, i voti di Cagliari sono stati dirimenti nella sconfitta di Truzzu. “Se a Cagliari ci sono 13mila voti di differenza e ho perso di 2mila voti, è lì che si è deciso”. E ancora: "A Cagliari c'è stato un voto più contro il sottoscritto che per la Todde. Mi sembra chiaro che la mia amministrazione non sia piaciuta, il risultato dice che ho sbagliato, ma rifarei tutte le scelte". Poi sul voto disgiunto: "Il voto disgiunto c'è sempre stato. È come le altre volte. Penso abbia inciso molto il voto di Cagliari e per questo mi prendo la responsabilità. Sapevo che c'era malcontento, ma non pensavo in queste proporzioni". Sul riconteggio delle schede: "Non lo chiederemo, perché il conteggio lo fa il tribunale, dopo che avremo quei dati ci penseremo, oggi non abbiamo gli elementi. Ogni valutazione sarà fatta a cadavere morto". Intanto, Truzzu esclude possibili ripercussioni in Fratelli d’Italia, anche se questo risultato sembrerebbe far tremare il fortino della premier Giorgia Meloni: “Le ripercussioni non mi appartengono, a me – ha concluso – quelli che corrono solo quando si vince non mi piacciono". Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.