
Il leader della Lega Matteo Salvini, 52 anni, e, sullo sfondo, il governatore del Veneto Luca Zaia, nato nel 1968
Roma, 10 aprile 2025 – E adesso come risolveranno il caso Campania nel centrosinistra e quello Veneto nel centrodestra? È questa questa la partita politica vera che si apre all’indomani della decisione della Consulta. Il viceré campano Vincenzo De Luca non è sicuramente uomo da rinunciare a vendersi cara la palle. E lo stesso vale per il doge veneto Luca Zaia. La differenza è che De Luca tratta per se più o meno in contrasto col Pd, mentre Zaia è sostanzialmente organico alla Lega, anche se collocato sulla linea di un europeismo nell’interesse del Nordest affatto diffidente rispetto ai vagheggiamenti trumpiani del leader Matteo Salvini.
Sta di fatto che tanto che De Luca che Zaia sono espressione di quel governo locale nazionale che, per dirla con un antico adagio toscano, “preferiscono essere testa di lucertola che coda di serpente”. Preferiscono cioè comandare in provincia che esser a rimorchio a livello nazionale. E questo faranno valere in vista delle regionali sia De Luca che Zaia, che hanno sempre preferito il consenso locale a ruoli di rincalzo nazionali.
Da molte parti già si vocifera che De Luca sia pronto al buen ritiro nella sua Salerno come sindaco. Il rifugio nelle terre del consenso, del resto, è una peculiarità rinascimentale esportata dalla politica italiana. Sta di fatto che sia De Luca che Zaia non cederanno gratuitamente il posto di governo. Per questo la minoranza dem conta che il governatore campano possa interferire nella scelta dell’ex presidente pentastellato della Camera Roberto Fico, già in campagna elettorale da diversi mesi. Ma si tratta di una sfida difficile. I riformisti dem blandiscono l’altro 5 Stelle Sergio Costa. Ma per il momento pare soltanto cortina fumogena.
L’ex presidente della Camera, che ha già paventato una sorta di reddito di cittadinanza regionale, parte in pole position. La manifestazione pacifista di Roma dei 5 Stelle di sabato scorso ha dimostrato il sostegno, essendo in larga parte a partecipazione meridionale. E il Pd non è minimamente in grado di fare altrettanto, considerato anche che la sinistra leale con la segretaria Elly Schlein vede di buon occhio la candidatura di Fico. E il fatto che il governatore abbia espresso il proprio endorsement nei riguardi del corteo pare attestare un’intenzione di trattare. Certamente non al ribasso. Altra storia in Veneto. Nonostante l’opa di Fratelli d’Italia sulla regione, la Lega si trova avvantaggiata nella difesa della trincea del Nordest. Non solo la popolarità di Zaia rimane altissima, ma il forcing di Matteo Salvini per ottenere il Viminale potrebbe risultare utile alla conferma della guida leghista del Veneto. Nonostante l’avversione del Capo dello Stato Sergio Mattarella, infatti, Salvini ha argomenti forti per incalzare il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che era suo capo di gabinetto durante il caso Open Arms. Preso atto che non guadagnerà il ministero dell’Interno, il leader del Carroccio ha tutte le carte per pretendere la conferma alla guida del Veneto.
Intanto la Provincia autonoma di Trento ha approvato una modifica di legge che innalza a tre il numero di legislature possibili per il presidente. Un vittoria per la Lega, in controtendenza nazionale, col governatore Maurizio Fugatti, eletto nel 2018 e confermato nel 2023. E soprattutto va in frantumi Fratelli d’Italia, perché 2 consiglieri si schierano con Fugatti, mentre altri 2 votano contro in linea con le indicazione romane del partito della premier Giorgia Meloni. Il che prelude a nuove tensioni nel centrodestra del Nordest.