Roma, 28 febbraio 2024 – Una sberla chiama l’altra, ma il centrodestra non offre l’altra guancia (o almeno così pensa e soprattutto dice). "C’è l’occasione di rivincere, subito – è la parola d’ordine di Matteo Salvini –. Sono assolutamente ottimista sia come centrodestra che come risultato della lista Lega". Il 10 marzo si vota in Abruzzo e la maggioranza di governo prova a evitare un rovinoso bis. Marco Marsilio, 56 anni, filosofo romano con curriculum da meloniano di ferro e ascendenze pescaresi lucidate ogni giorno dal 2019 a oggi, difende la poltrona di governatore dall’assalto di Luciano D’Amico, 64 anni, abruzzese nativo (di Torricella Peligna) e ordinario di economia aziendale nonché ex rettore dell’Università di Teramo.
Il candidato del Patto per l’Abruzzo – centrosinistra nella sua accezione più estesa: tutti dentro, all’ombra Pd e 5 Stelle in versione promessi e coscienziosi sposi – è il peggior avversario territoriale per le ambizioni di riscossa di Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio, come domenica scorsa in Sardegna, è in lizza con un candidato di propria diretta emanazione: addirittura il suo vice nel gruppo dei Conservatori europei. Tutti compatti con Marsilio, allora, anche la Lega. Non a caso, domani Salvini sarà ad Avezzano a celebrare gli impegni ministeriali per il raddoppio ferroviario Roma-Pescara e per le autostrade A24 e A25. "Il potenziamento delle infrastrutture, stradali e ferroviarie che attraversano il territorio marsicano – recita una nota – rappresentano un’importante occasione di sviluppo (...)".
L’Abruzzo è regione storicamente contendibile. Qui centrodestra e centrosinistra se le danno di santa ragione e chi sgomita meglio al centro (mentre liscia energicamente la propria ala di riferimento) di solito la spunta. Dal 1995 – prima elezione diretta – si contano cinque leader vincenti del centrosinistra e tre del centrodestra (mai riusciti a ripetersi però). FdI, Forza Italia, Lega e Noi Moderati affidano a Marsilio il compito di sfatare i precedenti e di ripristinare la fiducia della coalizione.
Che si vinca al centro è scontato, e lo dimostra questa dichiarazione di Fratelli d’Italia. "Elly Schlein e Giuseppe Conte, oltre a non conoscere l’Abruzzo, sono rappresentanti di un mondo che è minoranza nel Paese, dell’estrema sinistra e dei populisti di sinistra, e dunque disconoscono, rifiutano e addirittura offendono le forze moderate che pure sono loro alleate", attacca il senatore Guido Liris. Campo largo? "No, campo minato", provoca gli sfidanti Tommaso Foti. E poi Marsilio "non è Truzzu, ha già dimostrato quello sa fare", squillano le trombe di partito. Cinque anni fa Marsilio vinse con il 48,03%, mentre il dem Giovanni Legnini (31,28%) e la grillina Sara Marcozzi (20,2%) si annullavano a vicenda. Ora l’unità degli sfidanti suggerisce ipotesi di sorpasso, ma a una sommatoria così primitiva la coalizione uscente oppone la presunzione di cinque anni di buon governo. Se e quanto buono, lo decideranno gli elettori.
Marsilio e D’Amico possono contare su sei liste ciascuno (quelle dei partiti d’area più due personali). La premier Meloni e i vice Tajani e Salvini saranno insieme a Marsilio martedì a Pescara. Nel campo avverso Giuseppe Conte (M5S) percorrerà da oggi le quattro province abruzzesi, mentre la segretaria dem Elly Schlein arriverà il 7 marzo. Le polarizzazioni nazionali influenzeranno il voto? Marsilio pensa di no: "Patenti di legittimità non me le faccio dare. Esercito la democrazia e difendo la libertà di pensiero e di azione di tutti, la mia la mia compresa quando è stata violentemente contestata dagli antifascisti di D’Amico". Dall’Aquila a Pescara, è già muro contro muro. E in caso di sconfitta, la maretta nella maggioranza di governo aumenterebbe.
Così, dopo molti ragionamenti e conciliaboli, il centrodestra capisce che rinviare le altre scelte regionali più vicine potrebbe apparire un elemento di debolezza. Alle 21.40 una nota congiunta ufficializza la svolta: "I presidenti di Basilicata, Piemonte ed Umbria che hanno ben governato saranno i candidati di tutto il centrodestra unito ai prossimi appuntamenti regionali". Via libera quindi alla ricandidatura di Vito Bardi (FI) in Basilicata, dell’altro azzurro Alberto Ciro in Piemonte e della leghista Donatella Tesei in Umbria. Il punto di domanda più grande resta quello sul Veneto (ma in questo caso le urne sono a settembre). La Lega insiste sul terzo mandato per Luca Zaia, FI e FdI restano contrari. È sicuro: dopo l’Abruzzo, Salvini tornerà alla carica.