Roma, 15 giugno 2020 - L'incrocio di date tra l'inizio delle lezioni del prossimo anno scolastico - che il Miur propone il 14 settembre - e la vicinissima data dell'election day - fissato per il 20 settembre - ha provocato non pochi mal di pancia nel rissoso mondo politico. Sull'argpmento oggi arriva l'appello del governatore del Lazio, e segretario Pd, Nicola Zingaretti, rivolto "al Governo, al ministero dell'Interno, al ministero dell'Istruzione e alle prefetture".
L'idea è semplice: togliere i seggi dalle scuole, un po' come succede in altri Paesi europei. In particolare, dice Zingaretti in una videoconferenza dall'Ospedale Spallanzani di Roma nella quale sono stati illustrati i risultati dell'indagine di sieroprevalenza effettuata nella Regione, "viste le scelte di carattere elettorale che si stanno facendo sarebbe bene uno sforzo, anche per tutelare la salute di tutti, che i seggi elettorali si tengano in luoghi il più possibile questa volta separati dalle scuole".
Se non si vota a scuoa, dove? "Penso a grandi aree come le palestre, o concordandolo con sindaci e prefetture - ha sottolineato il leader dem - per tenere le elezioni in altri luoghi pubblici che non siano le scuole ed evitare di interrompere il ciclo scolastico all'apertura del nuovo anno e soprattutto dopo un anno così difficile".
La soluzione ha trovato il plauso di molti esponenti del Pd, tra cui la vice ministra dell'Istruzione, Anna Ascani: "Sono d'accordo con Zingaretti, che ringrazio per il suo appello - twitta - Dobbiamo fare tutti insieme uno sforzo affinché per i seggi elettorali si trovi, ove possibile, una soluzione alternativa alle classi, così da non interrompere le lezioni".
Conte: buona idea
Dal quotidiano punto stampa a Villa Pamphilj, il premier Giuseppe Conte dà l'ok alla proposta di Zingaretti: "Ho visto che il Pd ha suggerito di trovare altri locali da adibire a seggi elettorali. È una buona idea, rischiamo di dover subito interrompere l'attività scolastica". Quindi, "con la ministra Lamorgese cercheremo di trovare delle soluzioni alternative". E sulla riapertura delle scuole aggiunge: "L'obiettivo è tornare con una didattica in presenza. Ci saranno interventi urgenti di edilizia scolastica".
Gelmini: se il Pd cambia idea siamo in tempo
D'accordo anche Forza Italia, che con Mariastella Gelmini lancia però una zampata polemica: "Peccato che proprio il suo Partito democratico la scorsa settimana abbia votato alla Camera contro un ordine del giorno presentato da Forza Italia al decreto elezioni che chiedeva proprio questo all'esecutivo. Il segretario dem ha cambiato idea? Siamo contenti per questo suo ripensamento. Adesso lavoriamo in Parlamento per portare a casa questo risultato, siamo ancora in tempo per farlo. Sarebbe assurdo aprire le scuole a metà settembre e chiuderle dopo pochi giorni per far spazio alle urne. Troviamo luoghi alternativi per far votare gli italiani in tutta sicurezza, senza danneggiare ulteriormente i nostri ragazzi".
Election day, c'è il primo ok
Dopo giorni di ostruzionismo e duro scontro tra maggioranza e opposizioni, arriva il primo via libera della Camera al decreto Elezioni, con il voto contrario di Forza Italia, FdI e Lega. Il decreto, che rinvia in autunno le elezioni Regionali, comunali, suppletive per Camera e Senato, e accorpa in un'unica tornata elettorale anche il referendum costituzionale, passa ora all'esame del Senato per l'approvazione definitiva entro venerdì, pena la decadenza.
Il provvedimento non indica una data precisa del voto, ma una finestra che va dal 15 settembre al 15 dicembre. Attraverso un emendamento di Forza Italia, approvato con l'astensione della Lega e il solo voto contrario di FdI, viene fatta slittare anche la finestra elettorale per le Regionali, che partirà dal 15 settembre. In questo modo, la prima domenica utile per votare in Veneto, Liguria, Marche, Toscana, Campania e Puglia sarà il 20 settembre, proprio la data su cui convergono governo e maggioranza per far svolgere l'election day (il decreto prevede che le urne restino aperte anche il lunedì, fino alle 15, per evitare affollamenti). Una data che ha creato non poche tensioni tra governo e Regioni, che invece volevano andare alle urne prima, già a fine luglio o al massimo il 6 settembre, ma anche con le forze di centrodestra, schierate a favore invece dello slittamento del voto a fine settembre se non ottobre. Altra questione che ha creato fibrillazioni l'accorpamento del referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari, con il Comitato promotore nettamente contrario all'election day. Ma maggioranza e governo hanno tenuto il punto: resta l'orientamento di indire le elezioni il 20 e 21 settembre, con i ballottaggi da svolgersi il 4 ottobre.