Giovedì 14 Novembre 2024
ETTORE MARIA COLOMBO
Politica

Elezioni Germania, in Italia slittano le nozze Pd-Forza Italia

Il risultato tedesco raffredda l’ipotesi. Troppi malumori interni

Matteo Renzi, segretario Pd (ImagoEc)

Matteo Renzi, segretario Pd (ImagoEc)

Roma, 26 settembre 2017 - Il risultato delle elezioni in Germania scompagina i conti e i desideri anche alle forze politiche in Italia. Infatti, al di là che, alla fine, a Berlino si riesca, o meno, a formare una Grosse Koalition Cdu-Spd o una coalizione ‘Giamaica’ Cdu-Verdi-liberali, da noi impensabile, l’adagio che voleva anche il nostro Paese pronto, ineluttabilmente, a un governo di ‘grande coalizione’ post-voto è tutto da rivedere.

Innanzitutto, come dicono tutti gli istituti di sondaggi, qualsiasi legge elettorale ci sia o entri in vigore (il Consultellum attuale, il Rosatellum bis di cui si inizierà a discutere alla Camera da oggi o il sistema tedesco che è naufragato a giugno), i voti dei due teorici pilastri (Pd e FI) di una ‘Grande Coalizione’ all’italiana non basterebbero per avere la maggioranza. E poi, allo stato, nel Pd di Renzi (la sinistra interna e non solo) come in Forza Italia di Berlusconi (l’ala nordista) sono molti gli esponenti che non appaiono entusiasti al matrimonio di convenienza.

Che cos’è il 'Mattarellum rovesciato' o 'Rosatellum 2.0'
Che cos’è il 'Mattarellum rovesciato' o 'Rosatellum 2.0'

Ma ieri si è visto anche un altro nein. Infatti, un governo M5S-Lega, di cui molto si è favoleggiato e che manderebbe, clamorosamente, Pd e FI all’opposizione, non solo quasi sicuramente non avrebbe i numeri necessari per formare un governo, ma neppure le reali intenzioni dei suoi leader in pectore. Infatti, mentre Matteo Salvini esultava davanti al risultato dei nazionalisti xenofobi dell’Afd, chiosando che «la sola differenza tra noi e loro è che noi andremo al governo per cambiare le cose», il neo candidato premier dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, fa una dichiarazione da ultra moderato: «Noi siamo l’unico argine agli estremismi in Europa, fermo restando la crisi dei partiti tradizionali». Parole in puro stile Matteo Renzi: «Siamo noi l’unico argine ai populisti di casa nostra», dice il segretario Pd, intendendo però proprio i 5 Stelle, non solo la Lega. Ma l’M5S potrebbe governare da solo, senza una politica di alleanze pre e post-voto? Impossibile, anche se sfiorasse il 40% dei voti.

E dunque, come se ne esce? Per ora, è buio pesto. Poi, certo, ci sono le polemiche di giornata. Salvini incrocia le lame contro Tajani, presidente del Parlamento Ue e punta di lancia del Ppe, ma anche di Forza Italia (Berlusconi lo vedrebbe bene come premier), il governatore ligure Toti, capofila dell’ala nordista azzurra e molto vicino a Salvini, parla di «coalizione delle destre al 45%».

Toti, ovviamente, boccia la grande coalizione ma lo fanno, dentro FI, anche Brunetta e Gasparri. Sul lato centrosinistra, Veltroni rispolvera «la logica dell’alternanza» contro quella delle grandi coalizioni mentre gli uomini di Pisapia (Ciccio Ferrara) rilanciano la logica del «campo largo del centrosinistra» che fa storcere il naso sia a Mdp (Speranza) che a Sinistra Italiana (Fratoianni). I quali però hanno poco da gioire: una coalizione rosa-rossa Spd-Linke non ha i voti per governare né la Germania e non li avrebbe in Italia. Ma anche il Pd non può condannarsi all’autosufficienza e si danna l’anima su come allargare il campo alla sua destra (i centristi) come alla sua sinistra.

Alla fine, il pensiero di tutti, nel Pd, lo riassume il vicepresidente della Camera, Marina Sereni: «C’è poco da stare allegri, il voto in Germania ci consegna un quadro preoccupante anche per noi».