“Sento parlare di NordOvest", confida una deputata beninformata. Se Schlein "pensa in buona fede che la polarizzazione sia naturale e utile al partito", come riferiscono sia i fautori che i detrattori, allora "può solo candidarsi capolista dappertutto". Ogni ipotesi a macchia di leopardo o giaguaro "da smacchiare" son robe dai tempi andati di Pier Luigi Bersani. Pur passando indenni le Europee, sarà obbligatorio vincere in Emilia-Romagna e Toscana nel 2025.
Tutto converge comunque verso la segretaria capolista. E semmai è la premier Giorgia Meloni che, pur forte dei sondaggi, deve valutare i rischi di una vittoria troppo umiliante per gli alleati e il pericolo di non superare la soglia del 30%, passando perciò per sconfitta pur da vincente. Schlein invece gioca di rimessa. Come è dal momento della sua candidatura alla leadership dem: nata e voluta di riflesso all’ascesa di Meloni più che in da rediviva Rosa Luxemburg o Alexandra Kollontai. Tanto è vero che Giuseppe Conte se ne sta seduto sulla sponda del fiume, sempre pronto a far pesare la sua leadership. Il M5s candiderà sicuramente l’ex presidente Inps Pasquale Tridico e potrebbe anche arrivare a un’intesa con gli arcobaleno di Michele Santoro, che certo rischia di scompiglio a sinistra e nel Pd, date le difficoltà ad aggiornare il pacifismo.
In casa dem si sarebbe intanto defilato dalla corsa all’Europarlamento Nicola Zingaretti, colui che pareva il più accreditato candidato al ruolo di capogruppo del Pse, dal momento che toccherebbe agli italiani. "Preferisce l’impegno alla Fondazione dem", spiega l’entourage ex Fgci. Un ruolo che sembrava prodromico proprio all’impegno nel Pse. Ma va considerato che lo spazio di Europa sarà occupato dalla segretaria stessa: che sicuramente opterà per Bruxelles e altrettanto sicuramente, qualunque cosa accada in Italia, ha il curriculum liberal-cosmopolita in regola per assumere un ruolo nel vuoto pneumatico della sinistra post socialista.
Con Schlein capolista ovunque e Zingaretti fuori, nella circoscrizione Centro i giochi si fanno più facili per Dario Nardella e Matteo Ricci, oltre che l’uscente schleiniana Camilla Laureti. Nel NordOvest, invece, tra gli uscenti Brando Benifei e Irene Tinagli e il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, manca un nome vicino alla maggioranza oltre che alla base delle tute blu: difatti si parla dell’ex ministro Andrea Orlando per coprire a sinistra, insieme all’indipendente Cecilia Strada di Emergency (avrebbe rifiutato invece l’ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio).
Al NordEst ovviamente la corsa è tra la segretaria e Stefano Bonaccini. Per quanto il governatore sia affatto seccato dall’idea di doversela vedere con le preferenze della leader, non si tira indietro. Sono da confermare Alessandra Moretti e Elisabetta Gualmini, però in orbita di minoranza.
Nel Sud doveva essere in testa alle liste il sindaco di Bari Antonio Decaro, oltre alla uscente Pina Picierno e forse Roberto Speranza per coprire a sinistra. Mentre nelle Isole, oltre all’uscente Pietro Bartolo, si farebbe strada la scrittrice Chiara Valerio come indipendente.