Reggio Emilia, 24 novembre 2014 – AFFLUENZA al 35,99%, praticamente la metà del 2010; risultato forte della Lega e del candidato presidente Alan Fabbri; calo marcato di Forza Italia; un Pd che in percentuale a Reggio mantiene o addirittura supera i risultati delle regionali del 2010. Elezioni regionali all’insegna delle sorprese quelle di ieri, che segnano un momento di forte riflessione per il “sistema Emilia Romagna”. Anche a Reggio i dati di riflessione non mancano: ad esempio il fatto che solo le province di Rimini e Parma hanno avuto meno votanti di quella di Reggio, segno che il malessere dell’elettorato è più forte alle nostre latitudini. Su questi risultati fin dalla mezzanotte si sono rincorse le prime reazioni politiche a quanto stava accadendo. Gianluca Vinci, responsabile provinciale della Lega, esulta: «Avevamo dei dati che ci davano sul 16%, dai primi risultati sembra che siamo vicini a raggiungere l’obiettivo. La partecipazione è stata in effetti bassa, ma visti i risultati parziali direi che i nostri sono andati a votare tutti». Come si spiega la scarsa affluenza? «Evidentemente il modello emiliano è indebolito, la gente si è stancata di un certo andazzo. Errani si è dimesso per una indagine della magistratura, qualcuno se n’è accorto».
Andrea Costa, segretario del Pd, ritiene che «il dato dell’affluenza deve far ragionare tutti. Il fatto che si votasse solo in due regioni ha sicuramente influito. In questa campagna elettorale strana e corta abbiamo provato a parlare con la maggior parte possibile delle persone per cercare di informarle e convincerle al voto. Da domattina dobbiamo convincere le persone a tornare a votarci. Le notizie sull’inchiesta – aggiunge Costa – sicuramente hanno influito, ci hanno fatto parlare di temi diversi da quelli della campagna. Ma non dobbiamo dimenticare un altro fattore: la sensazione diffusa che il voto avesse un esito scontato a favore di Bonaccini non ha aiutato la partecipazione».
Mauro Vicini, segretario cittadino del Pd, afferma che il voto testimonia «il diasgio dello zoccolo duro» che dipende anche dalla «contrapposizione tra Cgil e Governo». Secondo Matteo Incerti del movimento Cinque Stelle, «l’astensionismo colpirà tutti i partiti e il fatto che pochissimi abbiano votato è una sconfitta della democrazia». Incerti invita anche a riflettere sul fatto che il prossimo Senato sarà espressione di regioni in cui ha votato poco più di un terzo dell’elettorato. «Mai come in questa tornata elettorale – afferma Gianluca Nicolini, coordinatore di Forza Italia – l’astensione ha un significato politico, nei confronti di un sistema che non piace più».