Roma, 10 marzo 2024 – E’ passata la mezzanotte da 10 minuti, le prime proiezioni sono state appena pubblicate, quando squilla il telefono di Marco Marsilio. E’ Giorgia Meloni, che gli dice: “Ormai è fatta, nove punti, hai vinto. Te lo avevo detto!”.
Anche al quartier generale del destra-centro, dopo la mezzanotte, tutti tirano un sospiro di sollievo: pericolo scampato. Il coordinatore regione di FdI, il senatore Etel Sigismondi dice ai suoi che “l’Abruzzo non ha tradito le aspettative”, e poco dopo il deputato Guerino Testa, anche lui FdI, fa lo stesso, mettendoci per primo la faccia. “Si sta dando conferma al lavoro di questi cinque anni – dice alle telecamere – . La coalizione di centrodestra ha la coscienza a posto perché’ ha fatto i compiti a casa. Appare in maniera evidente come gli abruzzesi abbiano preferito un governo unito di centrodestra rispetto a un campo largo probabilmente un po’ confusionario”.
Anche i risultati dei partiti sono di grande interesse. Secondo le proiezioni FdI balza dal 6.49% del 2019, una era geologica fa, politicamente, al 24%, dato al quale va aggiunto il 5,1% della lista Marsilio presidente. E va benissimo Forza Italia, che dal 9.05% passa ad un ottimo 14,3%. Va invece male, come previsto, la Lega, che dal 27,53% delle scorse regionali scende all’8,7%: sempre meglio che in Sardegna certo, ma il calo è netto. A Noi Moderati va invece un 2.4% e all’Udc l’1.4%. “Quando si governa bene – commenta il presidente di Noi Moderati, Maurizio Lupi – ci possono essere tutti i tam tam mediatici che si vuole: l’Abruzzo è diventato l’Ohio...gli elettori scelgono il buon governo”.
Giorgia Meloni voleva assolutamente conservare
l’ Abruzzo, per questo ha usato l’artiglieria pesante portando in Abruzzo 13 ministri, e poi sottosegretari, viceministri e parlamentari, con corredo di leader di partito grandi e piccoli. Ha schierato tutto quello che poteva servire per non prendere sottogamba una competizione regionale che se fossero andate male avrebbe segnato la seconda sconfitta di fila. Un segnale almeno fastidioso in vista delle europee, che sono la vera, grande partita. La premier ha per questo giocato il tutto per tutto. E l’impegno ha pagato.Tutti nella coalizione avevano compreso che il test era nazionale: se la maggioranza avesse vinto seppur di poco i timori si sarebbero vanificati. E se si fosse affermata nettamente, come pare, la sconfitta in Sardegna avrebbe potuto essere considerata una increspatura della storia. E così è stato.
Il tempo delle paure è passato, La circostanza che sia la Sardegna che l’Abruzzo avevano sempre votato contro la maggioranza uscente non si è ripetuta. E si è rivelata infondata anche la seconda paura, che Marsilio potesse soffrire una opposizione unita come forse mai più. Ma l’effetto campo largo non c’è stato, anzi. “Il risultato –osserva il sindaco di Pescara, il forzista Carlo Masci – vuol dire che abbiamo lavorato bene. I cittadini cercano concretezza e evidentemente l’hanno trovata nel centrodestra”.
Per Meloni è musica. L’inquilina di Palazzo Chigi in questa competizione elettorale aveva molto da perdere e poco da guadagnare. E invece è andata bene: conserva una regione “sua“ e ferma la “gioiosa macchina da guerra“, per dirla con la sfortunata definizione di Occhetto, delle opposizioni unite. Non poco, dopotutto.