MILANO - In che modo l’esito delle elezioni Politiche può cambiare le strategie con le quali si correranno le Regionali 2023 in Lombardia? Le variabili da considerare, a destra come a sinistra, sono le stesse. E sono due: il risultato che otterrà Fratelli d’Italia e il risultato che otterrà il duo composto da Azione e Italia Viva, il cosiddetto Terzo Polo. Partiamo da destra. Oggi il candidato alla presidenza della Regione è il leghista Attilio Fontana, governatore uscente. Ma la sua è una candidatura che negli ultimi giorni ha preso a scricchiolare. E per due ragioni che finiscono con l’essere concentriche.
Lo strappo di Ignazio
La prima: Ignazio La Russa, co-fondatore e uomo forte di Fratelli d’Italia, ha dichiarato pubblicamente che le regole di ingaggio interne al centrodestra non prevedono più che si conceda in automatico ad un governatore uscente il diritto di ricandidarsi. A far saltare la regola non scritta del diritto al secondo mandato è stato l’epilogo delle Regionali siciliane: Fratelli d’Italia ha spinto per la riconferma di Nello Musumeci, ma nella coalizione ha prevalso la scelta di puntare su Renato Schifani. Una scelta che la Lega – almeno in Lombardia – pensava dovesse restare confinata all’arena e alle logiche siciliane. Nient’affatto, invece. La Russa lo ha detto chiaramente: se vale a Sud, vale anche a Nord. È chiaro, allora, che se le Politiche dovessero sovvertire le gerarchie interne al centrodestra, se il partito della Meloni dovesse riscuotere un consenso superiore a quello della Lega nel Paese e se dovesse darle filo da torcere persino in Lombardia – impresa sicuramente più difficile –, la candidatura di Fontana seguirebbe la stessa parabola della leadership di Matteo Salvini nel centrodestra: l’una e l’altra sarebbero seriamente a rischio.
Moratti vs Giorgetti
A quel punto, a giochi riaperti, le opzioni sarebbero due: in pole ci sarebbe la candidatura di Letizia Moratti, oggi vice di Fontana, ma non sarebbe da escludere la terza via rappresentata da Giancarlo Giorgetti, che potrebbe porsi come soluzione di uguale spessore ma, al tempo stesso, di compromesso non essendo né un salviniano né tanto meno un meloniano. Proprio La Russa si è soffermato – guarda caso – sulla vicepresidente lombarda, dichiarando che non si può fare spallucce davanti alla sua volontà di correre da governatrice e sottolineando che, invece, va coinvolta. Che significa? Significato numero uno: al di là del sicuro apprezzamento per la persona e la professionista, la Moratti può tornare utile a Fratelli d’Italia per vendicarsi dell’offesa ricevuta in Sicilia. Significato numero due: c’è la possibilità che la Moratti decida di candidarsi per il Terzo Polo. E questo per il centrodestra può rappresentare un problema. Vale la pena sottolineare che fino a pochi mesi fa la Moratti teneva a rimarcare di voler correre per il centrodestra, ora fa sapere di ritenere prematuro dichiarare per chi intenda correre. Una differenza non da poco.
Terzo Polo
E qui arriviamo dritti dritti alla seconda variabile da considerare: il Terzo Polo, appunto. Quanto consenso ha davvero? In quale area del Paese? E a chi ne sottrae di più? La risposta a queste domande arriverà dall’esito delle Politiche, come ovvio, e sarà determinante per capire se il Terzo Polo possa davvero rappresentare un Terzo Incomodo tra destra e sinistra e se sia meglio evitare di avercelo contro, magari proprio con candidati dello spessore – piaccia o no – della Moratti. L’impressione è che la vicepresidente lombarda continui a preferire la corsa col centrodestra e stia solo aspettando che l’astro di Salvini declini per farsi largo come candidata governatrice. Ma un eventuale exploit elettorale di Carlo Calenda – alla quale è vicina – potrebbe aumentare l’appeal di quello che oggi è un piano B.
A sinistra
A sinistra vale altrettanto. Oggi il candidato governatore è l’economista Carlo Cottarelli: la scelta del Pd di candidarlo come capolista alle Politiche proprio in Lombardia non chiude, anzi rafforza, l’ipotesi di una sua candidatura anche a governatore. Le Politiche servono infatti ad anticipare la campagna elettorale di Cottarelli anche in chiave Regionali, ad aumentarne la visibilità, a farlo conoscere. Pochi nel Pd ritengono promettenti eventuali primarie tra Pierfrancesco Majorino, Fabio Pizzul, Emilio Del Bono e Bruno Tabacci. Perché l’operazione Cottarelli vada a dama conta capire, di nuovo, quanto è forte il Terzo Polo e a scapito di chi: dovesse rubare voti al centrodestra, darebbe più chances al centrosinistra, dovesse rubarne (anche) alla coalizione progressista, si tratterebbe di un’erosione di consenso che Pd e alleati non si possono permettere. E Cottarelli non ha voglia di brutte figure. La seconda variabile è – anche in questo caso – il consenso di Fratelli d’Italia: qualora dovesse trainare il centrodestra e aggiungersi allo zoccolo duro di consensi che ha la Lega in Lombardia, allora la sfida per la Regione sarebbe proibitiva. E, meglio ripeterlo, Cottarelli non ha voglia di brutte figure, proprio no. A quel punto le primarie, sebbene poco promettenti, diventerebbero una strada obbligata.