"Eh già... Io sono ancora qua!". Sulle note del celebre brano del rocker Vasco Rossi scorrono le immagini del segretario del Pd Nicola Zingaretti che, ripreso di spalle, saluta e sorride ai militanti dem. Il video – montato ad arte – ha preso a circolare ieri nelle chat dei parlamentari del Pd, per indicare quanto fiuto, oltre che fortuna, ha "Nicola".
Doveva perdere, come minimo, 4 a 2, se non subire una disfatta storica in Toscana, offrendo così la sua testa su un ceppo ai molti che volevano (e vogliono) fargli le scarpe. Invece ha pareggiato tre a tre, strappando in modo insperato la Puglia, oltre ad aver tenuto la Toscana e, unico dato di cui era sicuro, la Campania.
Inoltre il Pd è abbondantemente il primo partito, ben sopra la Lega, quasi ovunque: ha circa il 35% in Toscana, attorno al 17% in Puglia, supera la Lega persino in Liguria, è primo partito anche dove perde come nelle Marche (col 25% circa). Zingaretti, che pure ha tremato, "ha drammatizzato il voto, specie in Toscana, nelle ultime settimane, per mobilitare l’elettorato", spiegano i suoi. Una tattica accorta, dunque, e riuscita.
Zingaretti: "Pd primo partito. Ora aprire riforme, Recovery fund e sanità"
La sua segreteria, ora, è più salda che mai. Lo spettro di Bonaccini e di un congresso si allontana, a meno che non lo voglia lui per rafforzarsi. Il segretario sente che è cambiata l’aria e già alle 17 si concede alle telecamere, anche se per parlare di referendum: "Ora si apre una stagione di riforme", è il concetto, "ci faremo garanti anche delle preoccupazioni del No". Poi, verso le sette, nuovo bagno davanti ai media. Prima analizza il voto: "Il cambio di passo l’ho sentito, negli ultimi 15 giorni. Ha vinto un leader e una squadra". Poi pianta i suoi paletti: "I decreti sicurezza targati Salvini vanno cambiati. I soldi del Recovery fund vanno spesi bene e il Mes va utilizzato".
Il messaggio è tutto per Conte, come per i 5 Stelle. Verso di loro nutre un solo rimpianto: "Se ci fossimo alleati avremmo vinto in tutte le Regioni". Poi arriva il momento di godersi un pareggio trasformato in trionfo. Dario Franceschini gli dice esplicito il suo grazie "in mezzo e pressioni e pessimismi di ogni tipo", i suoi ’godono’ per le bassissime percentuali di Renzi e Calenda.
Nella sede del Pd sono presenti i dirigenti del partito e una folta schiera di ministri, da Gualtieri a Franceschini, da Provenzano ad Amendola. Al momento, nessuno parla apertamente di rimpasto o nuovi ingressi al governo, ma il peso specifico del Pd è cresciuto rispetto a quello degli alleati. E il tema del rimpasto torna ad aleggiare.
Zingaretti si fa elusivo ("Rimpasto? Dipende dal premier. Per il Pd è importante il Recovery fund"), ma anche molto più tignoso e sfidante ("Se al governo ci fosse l’immobilismo chiederei le dimissioni e le elezioni anticipate"). Certo è che il Pd non si limiterà a ‘battere cassa’ su decreti Sicurezza e Mes. Un Pd che – sottolinea il suo segretario – "è il primo partito in Italia e non è subalterno a nessuno, tantomeno al M5S", alzerà non solo la voce ma anche le richieste. E un nome utile da spendere potrebbe proprio quello di Zingaretti.