Roma, 19 luglio 2022 - Conto alla rovescia verso il giorno del giudizio sulla crisi che rischia di travolgere il governo Draghi. In attesa del discorso del premier in Parlamento (mercoledì al Senato e giovedì alla Camera) e del voto di fiducia, continuano più o meno sotto traccia contatti e trattative frenetiche. Stamattina il segretario del Pd Enrico Letta si è recato a palazzo Chigi a colloquio con Draghi. Quindi il presidente del Consiglio è salito al Colle per incontrare Sergio Mattarella. Nulla è trapelato sul faccia a faccia tra i due.
Il giorno del giudizio: alleati e avversari di Mario Draghi
Dopo le polemiche sollevate dal centrodestra per il l'incontro con il segretario del Pd, stasera c'è stato un vertice 'riparatore' tra il premier, Tajani, Salvini, Lupi, Cesa e De Poli. Terminato l'incontro a palazzo Chigi, il centrodestra si è riunito nuovamente a Villa Grande.
In serata è intervenuto Letta alla Festa dell'Unità di Roma: "Domattina mi sveglio sereno. Assolutamente sereno. Domani sarà una bella giornata, ne sono sicuro".Il segretario del Pd ha poi aggiunto: "Non c'è nessun dubbio che se domani cadesse il governo italiano un applauso di soddisfazione salirebbe dal Cremlino. Lo abbiamo già visto l'altro giorno, Medvedev che ha messo la foto di Draghi e Johnson dicendo: vediamo chi sarà il terzo". E ha aggiunto: "Domani in Parlamento ognuno si assume le proprie responsabilità".
Matteo Renzi ha parlato in un'intervista serale a La7: "Chi perderà la faccia domani? Io credo innanzitutto che l'Italia non perderà il governo ma che Giuseppe Conte abbia fatto una figura imbarazzante. I grillini non esistono più, l'esperienza populista grillina è finita". E poi: "Spero che Letta abbia capito che con i 5 stelle non si va da nessuna parte".
Governo Draghi: orari e tappe del giorno più lungo. Come funziona il voto di fiducia
Qualsiasi decisione è chiaramente legata alle evoluzioni delle prossime 24 ore nel partito di Conte. Che pare spaccato non solo al suo interno, ma anche in maniera inedita tra deputati e senatori: i primi sarebbero pronti a votare la fiducia a Draghi, mentre i parlamentari di Palazzo Madama sono schierati per la linea dura. Resta l'incognita di quanti siano i 'governisti' all'interno dei Cinque Stelle. Una variabile che potrebber rivelarsi cruciale per il futuro dell'esecutivo. Salvo casi sporadici, i pentastellati finora sono rimasti al coperto.
C’eravamo tanto alleati: quando il leader scaglia macigni contro gli ex amici
Sommario
Centrodestra in fibrillazione
Alla Camera si è tenuta la riunione di Matteo Salvini con con ministri, sottosegretari, capigruppo e vicesegretari della Lega. Il Carroccio è tentato da elezioni anticipate e ribadisce: "No al governo con i Cinque Stelle". Ma Berlusconi frena. Vertice fiume di centrodestra a Villa Grande, alloggio romano del Cavaliere che ha incontrato Salvini, oltre ai centristi Maurizio Lupi, Lorenzo Cesa e Antonio De Poli. Una riunione che dopo cinque ore si è spostata in giardino "All'inizio del vertice è stato espresso sconcerto perché il presidente Mario Draghi ha ricevuto il segretario del Pd e non i leader degli altri partiti della maggioranza, dopo che, peraltro, era stata chiesta una verifica politica", fanno filtrare da Villa Grande.
Si chiede un incontro con il premier che si concretizza dopo una telefonata tra Berlusconi e Draghi. I rappresentanti di centrodestra si spostano a Palazzo Chigi per un colloquio con il Presidente del Consiglio, durato un'ora. Ma non è finita: dopo l'udienza, Salvini, Tajani, Lupi, Cesa e De Poli tornano a Villa Grande per aggiornarsi nuovamente con Berlusconi.
M5s
Sarebbero tra i 15 e i 20 i deputati pentastellati pronti a votare la fiducia a Draghi e a formare un nuovo gruppo parlamentare alla Camera. Stamattina alcuni di loro (pochi a dire la verità) sono usciti allo scoperto, da Soave Alemanno a Roslaba Cimino. Sosterranno Draghi a prescindere, hanno dichiarato. Nessun senatore pare intenzionato a deviare dalla linea Conte e a uscire dal Movimento al Senato: a Palazzo Madama si consumerà il primo e decisivo redde rationem. Saranno le mosse dell'ala dura dei grillini a decretare probabilmente le sorti dell'esecutivo.
Di Maio
Secondo il leader di Ipf Luigi Di Maio Conte avrebbe già deciso di non votare la fiducia a Draghi. "Conte sta scommettendo sul voto anticipato, ma sarebbe un ulteriore crollo nei sondaggi", ha detto il ministro degli Esteri durante l'assemblea congiunta dei parlamentari del suo partito. "Draghi ha dato delle garanzie. Al Mef è stato aperto un tavolo sul superbonus; sono state date garanzie sul salario minimo iniziando un percorso con le parti sociali; sono state garanzie anche sul cuneo fiscale. Credo dunque che il partito di Conte stia cercando solo delle scuse agitando bandierine".
Per Di Maio il direttivo della Camera del Gruppo M5s "ha espresso la volontà di votare la fiducia al governo Draghi, al di là della volontà dei vertici". Una circostanza, questa, semntita da fonti pentastellate della Camera.
Lega
Salvini deve fare i conti anche con una fronda interna 'pro Draghi' senza se e senza ma. Una posizione "ferma e risoluta" a sostegno della prosecuzione del governo l'ha espressa Luca Zaia, durante la riunione in videocollegamento con il leader della Lega. Fonti presenti all'incontro definiscono quello del Veneto come il più "netto" tra i governatori, che nei giorni scorsi si erano comunque espressi a favore della stabilità governativa. Dobbiamo stare attenti a non replicare quanto successo con l'elezione del presidente della Repubblica - è il ragionamento fatto nel corso della riunione - non possiamo subire le scelte inevitabili, dobbiamo muoverci e sostenerle per primi. Salvini ha ascoltato con molta attenzione tutti i pareri, compreso quello di Giancarlo Giorgetti, che sedeva accanto a lui durante il collegamento. Ma il segretario leghista viene descritto dalle stesse fonti come "determinato a porre delle condizioni" precise e Draghi, tra cui cambi significativi in alcuni ministeri (Interno e Salute).
Il coordinamento Pd
Una trentina di partecipanti per il coordinamento Pd. Presenti membri della segreteria, delegazione di governo, vertici di gruppo e amministratori. In apertura Letta ha sottolineato i temi della riunione: la continuità del governo Draghi fino a fine legislatura, l'impegno a tentare di mantenere lo stesso perimetro della maggioranza, la sottolineatura dell'importanza dell'iniziativa dei sindaci. Non una parola sull'incontro del leader dem con Mario Draghi.
"La fase è delicata e la riunione larga...", commenta un partecipante. Diversi gli interventi. A partire dai sindaci Dario Nardella e Matteo Ricci che hanno resocontato sull'appello al premier Draghi e la maxiadesione ricevuta. Quindi Roberta Pinotti, Gianni Cuperlo, Marco Furfaro tra gli altri. "Grande compattezza attorno al segretario e riconoscimento per la linea tenuta in questa fase così complessa", si spiega. Due interventi però sono stati più 'spinti' e di segno opposto. Da una parte quello di Goffredo Bettini, in collegamento dalla Thailandia, che ha difeso Giuseppe Conte sottolineando come il leader M5S abbia posto temi sociali. Di tutto altro tenore invece, a quanto viene riferito, l'intervento di Stefano Bonaccini, che avrebbe puntato il dito proprio contro Conte, colpevole di una crisi irresponsabile. La priorità anche per Bonaccini, come per tutto il gruppo dirigente dem è quella di lavorare per la continuità del governo Draghi ma il presidente della regione Emilia Romagna avrebbe rimarcato che, in un secondo tempo, comunque vada andrà aperta una riflessione sui 5 Stelle.
Scenari
Il premier non sembra intenzionato ad ammorbidire le sue posizioni, mentre Conte (che tra domenica e lunedì ha passato una notte in ospedale per allergia alimentare) e i suoi hanno invocato un "segnale" forte, quanto meno sul salario minimo. Dovesse arrivare, il M5s potrebbe optare per un sì alla fiducia e decidere di non ritirare i ministri dal governo.
Una soluzione gradita a Letta e che potrebbe tenere a galla l'esecutivo. Senza il "segnale" da parte del premier ecco che i pentastellati potrebbero virare verso un appoggio esterno, con i loro ministri che a quel punto si muoverebbero in ordine sparso. D'Incà dovrebbe mollare Conte e restare al suo posto. Non è invece escluso, si ragiona in ambienti parlamentari, che la Lega possa ambire al ministero delle Politiche agricole, oggi guidato da Stefano Patuanelli che insieme alla collega Fabriza Dadone (M5s) e ad una pattuglia di sottosegretari potrebbe dimettersi.
Solo uno scenario, appetibile per il centrodestra, ma che ha come convitato di pietra lo stesso Presidente del Consiglio. L'ultima parola spetta a lui, l'inquilino di Palazzo Chigi che con il suo intervento indirizzerà il dibattito parlamentare. Dal premier potrebbero arrivare più paletti che concessioni. E allora bisognerà capire come si svilupperà, anche nei numeri, l'esplosione dei 5 Stelle. E se alla fine Draghi dovesse confermare le sue dimissioni, rendendole di fatto irrevocabili, trovare una via alternativa a quella delle urne diventerebbe una missione quasi impossibile.