Bankitalia, ma anche Istat e Ufficio parlamentare di bilancio, gelano le previsioni del governo sulla crescita dell’economia italiana nell’anno in corso. Ma gli economisti di via Nazionale vanno anche oltre e puntano l’indice sugli sgravi strutturali che minano l’equilibrio del sistema previdenziale, mentre gli analisti dell’Istituto di statistica fissano l’uscita per la pensione a 69,6 mesi dal 2051. Un quadro che rende più complicato il già difficile puzzle di composizione della manovra tra tensioni interne alla maggioranza, poteste dei Comuni che non vogliono sentir parlare di tagli, sindacati sul piede di guerra (la Cgil minaccia lo sciopero generale) e oggettive difficoltà di recupero delle risorse mancanti. Al punto che, in soccorso di un sempre più isolato ministro dell’Economia arriva, nell’ultimo scorcio del suo mandato, il commissario italiano Paolo Gentiloni: "Le parole del ministro Giancarlo Giorgetti sui sacrifici necessari sono ispirate a una prudenza che è necessaria e allo sforzo che la Commissione condivide".
CRESCITA TORNATA
A ZEROVIRGOLA
Si allontana, dunque, l’obiettivo di crescita fissato dal governo all’1% per quest’anno. La doccia gelata sulle stime del governo, dopo la correzione al ribasso dell’Istat, arriva durante le audizioni sul Piano strutturale di bilancio in Parlamento: per Bankitalia il Pil del 2024 si fermerà allo 0,8%, e anche per l’Ufficio parlamentare di bilancio l’obiettivo dell’1% diventa più incerto. C’è il contesto esterno, con l’economia mondiale che si raffredda, e c’è la spinta propulsiva post Covid (in sostanza il Superbonus) che in Italia si è esaurita. Il quadro indebolito pesa sulla composizione della manovra, e la Banca d’Italia avverte sulle prossime mosse: rendendo strutturali gli sgravi contributivi sul lavoro si mette a rischio l’equilibrio sulle pensioni. Dall’Istat spiegano che l’Italia è tornata a una crescita da zerovirgola. "Siamo tornati a una fase di stato stazionario o steady state con tassi di crescita abbastanza contenuti che stentano a dimostrare la situazione di un’economia che si sviluppa in forma consistente", avvisa il direttore per la contabilità dell’Istat, Giovanni Savio, spiegando come "si sono spente" alcune "spinte propulsive" post Covid, e "quindi dobbiamo attendere che ci siano altre forze" a spingere il Pil.
I RISCHI ALL’ORIZZONTE
Sergio Nicoletti Altimari, capo dipartimento economia e statistica della Banca d’Italia, prova a diradare le nubi parlando dei conti che in corso d’anno "mostrano un andamento incoraggiante". Ma non basta, e dunque "il programma delineato nel Psb non è esente da rischi". Primo, perché il piano conta sulle maggiori e il 2024, "con l’assunzione implicita che siano interamente permanenti". Secondo, perché data "l’elevata incertezza" del quadro macro, "anche piccoli scostamenti dai piani di bilancio potrebbero rendere difficoltoso riportare" il deficit sotto il 3% nel 2026. Il pericolo in prospettiva più rilevante, arriva dall’intenzione di rendere strutturali gli sgravi contributivi sul lavoro: "Verrebbe meno l’equilibrio tra entrate contributive e uscite per prestazioni" che "caratterizza il nostro sistema previdenziale e ne rappresenta un punto di forza". Anche per la Corte dei Conti il governo ha davanti a sé un arduo compito. Il percorso del Psb è "impegnativo" e nella manovra "saranno necessarie scelte difficili sull’allocazione delle risorse", spiegano i giudici contabili al Parlamento. Non si potrà fare a meno, però, di pensare alla sanità, "per superare le carenze di personale, soprattutto infermieristico, che rappresenta al momento il principale deficit". Mentre per la presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, Lilia Cavallari, nel 2025 "è di 9 miliardi lo spazio che si libera", in presenza – accusa – di carenze di informazioni non generiche.