Roma, 5 maggio 2024 – Rimpastiamo o no? La domanda se la pongono tutti: non solo analisti e cronisti, ma anche politici di maggioranza e di opposizione. La ragione è chiara: si sa che l’idea di rimettere mano alla squadra non piace alla premier. Si diffonde l’impressione che non tutto sia andato come doveva e lei ci tiene a comunicare l’opposto. Però è consapevole che qualcosa quasi certamente dovrà fare. Perché nel caso di rinvio a giudizio della ministra del Turismo, Daniela Santanchè, il congedo è già stato deciso, La Russa o non La Russa, e perché qualche ministro, più precisamente Raffaele Fitto visto che in pole position c’è solo lui, potrebbe dopo le Europee ritrovarsi promosso a commissario, liberando una seconda casella (a meno che l’inquilina di Palazzo Chigi non provi a ricucire la ferita aperta del Veneto offrendo al governatore Luca Zaia quell’incarico a Bruxelles).
Non stupisce quindi che tutti si sbizzarriscano in ardimentosi voli di fantasia. Il nome che circola più vorticosamente è quello di Letizia Moratti: se Forza Italia otterrà un risultato brillante il 9 giugno la delegazione al governo risulterà sottodimensionata e il nome della ex ministra è di quelli pesanti. C’è chi la vede già al dicastero dell’Università al posto di Anna Maria Bernini, che rimpiazzerebbe l’eventuale rinviata a giudizio. In realtà l’ipotesi è poco probabile; la premier non è affatto insoddisfatta del lavoro dell’attuale ministra, e non è detto che sia necessario trovare un altro nome per sostituire Santanchè: potrebbe assumere l’interim la stessa Meloni con un sottosegretario di sua fiducia come Gianluca Caramanna (responsabile del dipartimento turismo di FdI) o in alternativa dare a quest’ultimo i gradi di ministro. Certo, se su Donna Letizia, seconda in lista nel Nord Ovest dopo Antonio Tajani, diluviassero consensi trovarle una collocazione adeguata diventerebbe necessario, ma i bookmaker scommettono su una postazione europea, tipo quella di rappresentante speciale Ue per la regione del Golfo ricoperta da Di Maio.
In realtà, di ministri in bilico non ce ne sono tanti: qualcuno ha ipotizzato una dipartita verso l’Europa di Giancarlo Giorgetti, ma è un’opzione tra le più improbabili. Giorgetti è quasi un ministro tecnico, gode dell’assoluta fiducia di Bruxelles, ed è un pezzo da novanta della Lega: la sua presenza al vertice del Mef incatena le mani a Salvini che non può protestare più di tanto per le sue scelte. Salvo improbabili sorprese resterà al suo posto. Discorso per certi aspetti simile per un altro ministro considerato in disgrazia: il guardasigilli Carlo Nordio. Muoverlo suonerebbe da parte della premier come la sconfessione di un intero orizzonte politico e come l’ammissione di un errore. Passo che, come è noto, lei non muove mai volentieri. Inoltre l’idea di sostituire Nordio quando si sta per varare la sua riforma della giustizia è più fantascienza che fantapolitica.
La premier avrebbe dubbi soprattutto sull’operato del ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, reduce da uno scontro con il collega Francesco Lollobrigida che minimizza: "Nessuna divergenza. Siamo amici". Una sostituzione se non probabile appare possibile: al suo posto potrebbe andare il capo dei deputati azzurri, Paolo Barelli.
Insomma: il vero nodo da sciogliere ci sarà se Fitto traslocherà a Bruxelles. L’ipotesi non è irrealistica, sempre che a guidare la Commissione non finisca un altro italiano. Qui i nomi possibili sono due: uno gridato a gran voce nelle capitali europee, quello di Mario Draghi, l’altro invece sussurrato nel Ppe: quello di Antonio Tajani. Anche il leader azzurro andrebbe sostituito ma ora un ricambio alla Farnesina è molto più semplice che non al ministero da cui dipende il Pnrr.
Se Fitto lascerà l’Italia il problema si porrà non in termini di rimpasto, perché Giorgia Meloni farà il possibile per evitare sommovimenti tali da autorizzare l’uso della detestata parola, ma perché trovare un sostituto a destra è difficile. Tra le ipotesi avanzate per ora in via puramente scolastica c’è quella di dare le deleghe del Pnrr ai ministri Urso o Giorgetti, di promuovere l’attuale co-Presidente del gruppo parlamentare dei conservatori europei, Nicola Procaccini. Oppure di spostare Anna Maria Bernini. E si torna così alla casella di partenza.