Se la bevanda con le bollicine più famosa al mondo vuole la tua faccia, o sei Babbo Natale o lo hai raggiunto in quanto a popolarità. Chiara Ferragni era riuscita nell’impresa. Uno spot con il vecchietto dalla fama immacolata declinato sul meme "Pizza rigenerata e Coca Cola, il perfect match a Natale". Nelle prime settimane di dicembre l’influencer aveva mostrato un pacco ricevuto dall’azienda che conteneva il necessario per organizzare un pranzo per due persone e uno degli invitati era proprio Santa Claus. Lanciata l’11 dicembre dalle pagine di Coca Cola Italia e destinata a girare su Meta (la holding finanziaria di cui oltre a Facebook fanno parte Instagram e WhatsApp), la clip non è arrivata al panettone. Magari era tutto programmato perché finisse lì, il 22 dicembre. Ma anche la pubblicità che sarebbe dovuta uscire a fine gennaio, sfruttando l’inizio di Sanremo il 6 febbraio, è saltata. "Abbiamo lavorato con Ferragni nel 2023 – spiega l’azienda in una nota - non andremo oltre".
Coca Cola fa un passo indietro ed è uno smacco pesantissimo, non argomentato ma intuibile: la crisi dopo il caso Balocco, la multa dell’Antitrust, le scuse, il silenzio social interrotto solo negli ultimi giorni da cordiali e prudenti apparizioni, su suggerimento degli esperti della reputazione online. I brand scappano, l’impero vacilla. La nota marca di occhiali padovana, quotata in Borsa dal 2005, era stata la prima il 21 dicembre a prendere le distanze senza girarci intorno: "Safilo si impegna a promuovere una cultura aziendale basata sull’onestà, l’integrità, la correttezza e la buona fede oltre, naturalmente, a rispettare le leggi in vigore in ciascun paese dove il gruppo opera". Spezzare l’accordo con l’influencer era stato come attribuirle tutto il contrario. Poi è arrivato il colpo Coca Cola, dopo settimane di profili social sbarrati e la brusca interruzione del racconto privato (dalle borse appena comprate alle imprese dei figli) ma soprattutto dei messaggi a pagamento. La multinazionale di Atlanta ha scelto un altro testimonial, "al momento non prevede di usare le riprese girate a dicembre".
Il Codacons esulta e invita tutte le altre aziende che hanno contratti di sponsorizzazione con influencer famosi ad adottare analoghe misure". Altrimenti, avverte, scatteranno provvedimenti: "Stiamo studiando la possibilità di un boicottaggio internazionale dei loro prodotti in collaborazione con le associazioni dei consumatori europee, ci sono già stati i primi colloqui". E sarebbe un disastro: Ferragni ha basato gran parte del suo business sulle sponsorizzazioni via social, mentre la linea di gioielli e quella di abiti con il simbolo dell’occhietto faticano a decollare. L’imprenditrice cremonese ha ricominciato a postare storie con regolarità, le macchie sulla reputazione però restano e la domanda è chi sarà il prossimo a voltarle le spalle. L’accordo con Safilo aveva fatto lievitare il titolo con guadagni fino al 13%, il famoso "effetto Ferragni" da 50 milioni di euro. Poi tanti saluti. Tod’s nell’aprile del 2021 le aveva dato il benvenuto nel cda: altro balzo in Borsa, nuovo miracolo quantificabile in 100 milioni di capitalizzazione in più (ma dal settembre 2022 l’influencer non è più consigliere indipendente, essendo venuti a mancare i requisiti di indipendenza causa prestazione occasionale di servizi pubblicitari a favore del brand).
E gli altri? Ferragni dal 2021 ha una licenza quinquennale con Monnalisa per la realizzazione di abbigliamento e tute per bimbi: in questo momento regge. Come pure resta in piedi l’accordo con Pantene i cui è testimonial. Ci sono poi la partnership con Nespresso, la licenza con Velmar specializzata in intimo e costumi, quelle con Swinger (abbigliamento), Morellato (gioielleria), Pigna (cartoleria), Mofra (calzature) e Nanan (prodotti per l’infanzia). In giro c’è ancora chi si domanda se sia stato giusto pagare 8 euro per una bottiglietta d’acqua (Evian), prezzo che aveva fatto di nuovo infuriare il Codacons e ironizzare qualcun altro: "Meglio morire di sete".