Giovedì 21 Novembre 2024
ELENA POLIDORI
Politica

Dl sicurezza, cartellino giallo ai grillini dissidenti

I probiviri indagano sui cinque voti mancanti. Di Maio tra due fuochi. E Salvini: liberi di cambiare idea sul contratto

Gregorio De Falco, Elena Fattori (LaPresse)

Gregorio De Falco, Elena Fattori (LaPresse)

Roma, 8 novembre 2018 - Un gesto che non resterà impunito. Bruciano, nel M5S, i cinque voti mancati sul dl sicurezza, quelli dei senatori Gregorio De Falco, Paola Nugnes (che non esclude un addio al Movimento e le dimissioni da parlamentare: "Vedremo"), Elena Fattori, Matteo Mantero e Virginia La Mura. Cinque che hanno disertato l’Aula in aperto dissenso col contenuto del decreto su cui non è stato possibile aprire una discussione con il leader Luigi Di Maio. Troppo "impegnato a rincorrere Salvini", secondo i malpancisti del Senato, il vicepremier grillino aveva affidato al capogruppo al Senato, Stefano Patuanelli, il compito di ricucire coi dissidenti prima del voto; una missione titanica, viste le forti argomentazioni morali dei cinque sul tema immigrazione (ma non solo), su cui Patuanelli alla fine ha gettato la spugna.

Così il gruppo grillino al Senato ha conosciuto il primo, vistoso strappo interno della legislatura. "Un comportamento particolarmente grave – ha commentato Patuanelli –, si trattava di un voto di fiducia". La reazione di De Falco: "Comportamento grave? Perché? Vogliono condannarmi? Non ho fatto nulla di male. Per me permane il rapporto fiduciario del 6 giugno, però quel provvedimento non va bene, non è in grado dare sicurezza". 

Il capogruppo ha segnalato ai probiviri del M5S il comportamento dei cinque che potrebbero anche rischiare l’espulsione, ma in Senato c’è un problema di numeri: il Movimento non può perdere cinque voti in modo definitivo su una maggioranza che si regge su 6 parlamentari di vantaggio rispetto alle opposizioni. Pena – anche – una revisione dei pesi e dei contrappesi interni alla maggioranza stessa. E con Salvini che, a quel punto, potrebbe essere tentato di aprire all’ingresso di Giorgia Meloni e ai suoi 18 senatori. Uno smacco che per Di Maio non sarebbe facile sostenere.

Dunque, in queste ore, si sta cercando una soluzione intermedia, dicono nel Movimento, una sorta di cartellino giallo per i dissidenti, senza espulsioni boomerang, nonostante abbiano creato danno al Movimento, secondo la visione dei vertici stellati. 

L’ala movimentista dei grillini, con Fico in testa, intanto è in ebollizione, chiede punizioni esemplari ben sapendo di mettere in difficoltà Di Maio, sempre più isolato: "Non si può andare avanti in questo modo – commentava infatti, ieri al Senato un senatore stellato di rango – Luigi sta da solo con i suoi, non parla con noi e noi con i ministri e i sottosegretari della Lega non riusciamo neanche a parlare". Salvini, però, lo strappo stellato lo ha commentato: "Se questi pochi 5S hanno cambiato idea su quel che c’è scritto nel contratto di governo, son liberi di farlo. Siamo in democrazia". 

Ma di lì a breve è stato attaccato, in diretta Fb e sul tema caldo della prescrizione, da Alessandro Di Battista. "Bisogna capire da che parte sta la Lega, se sta pensando un minimo al Paese o l’unico paese a cui pensa sia Arcore". Salvini, però, ha voluto l’ultima parola: "La fiducia al mio decreto Sicurezza è stata votata da M5S e non da Forza Italia. Di Battista sta lontano, c’è il fuso orario".