La botta è dura, durissima. Sei capoluoghi su sette persi al ballottaggio fa male. Di "disfatta totale" parlano molti dem, a botta caldissima, ieri pomeriggio. La segretaria del partito, Elly Schlein, convoca una segreteria politica urgente. Matteo Salvini, da fuori, la sbeffeggia: "L’effetto Schlein c’è stato, ma al contrario". Meloni inneggia alle roccaforti rosse (Ancona in testa) che non ci sono più.
Schlein parla alla stampa, dopo due lunghe ore di segreteria politica. Ammette la verità (il Pd si aspettava di tenere Ancona e di vincere almeno in una o due città toscane su tre, mentre prevale solo a Vicenza, dove il candidato sindaco non ha voluto la Schlein in città a fare comizi) ma solo parzialmente: "È andata male nei capoluoghi, meglio nei comuni medi. Ma dico subito che il fatto che il Pd sia il primo partito nel voto di lista non è per noi una consolazione perché da soli non si vince, c’è da ricostruire un campo alternativo alla destra". "Non si cambia in due mesi e il cambiamento non passa mai da singole persone. Ci vorrà un tempo più lungo per ricostruire fiducia e per ricostruire un centrosinistra nuovo, competitivo e vincente", aggiunge. Poi butta la palla in campo altrui: "È una responsabilità che non riguarda soltanto il Pd". Il messaggio è, ovviamente, diretto a Conte.
Invece, Andrea Orlando mette i piedi nel piatto: "C’è un problema di ricostruire un radicamento del partito" e, anche, di "classe dirigente" (tanto che, nella sua Liguria, annuncia il commissariamento). Per Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e coordinatore dei sindaci dem, "è dolorosa la sconfitta di Ancona", ma la addebita solo alle divisioni interne al suo campo.
Parlano di "vittoria netta" del centrodestra Fratoianni e Bonelli di Avs e chiedono di ricostruire "un’alternativa alle destre", ma la loro ricetta è tutta di super-sinistra. Lapidario Carlo Calenda: "Le amministrative confermano che c’è una tendenza di destra in tutto il Paese".
I riformisti dem non sembrano pensarla molto diversamente. La ex presidente dei senatori dem, Simona Malpezzi, chiede di "aprire una riflessione interna sulla linea del partito". Le lettere dei riformisti, insoddisfatti per la piega “sinistrorsa“ del Pd si sprecano: dopo quella di Ceccanti, Tonini e Morando, ieri è stata la volta di quella di quattro ex parlamentari dem (Fedeli, Morani, Rotta, Di Salvo), ma per ora il dissenso dell’area di Base riformista (nel senso di eletti) resta sottotraccia.
Ettore Maria Colombo