PAPA FRANCESCO è un grande Papa, anche per chi non crede. La sua esortazione alla obiezione di coscienza, in nome della sacralità della vita, va rispettata ma letta alla luce della religione laica che contraddistingue la cultura e gli ordinamenti dell’Occidente: il culto dei diritti umani. Non entriamo nella questione della vita prenatale o invece del diritto delle donne all’aborto come diritto umano (si pensi agli stupri etnici) o al diritto costituzionale di Welby, o di Eluana, a far staccare la spina. In una società laica, il diritto del medico alla obiezione coesiste con quello della donna all’aborto, nei limitati casi consentiti.
COSI', L'OBIEZIONE di coscienza è regolata essenzialmente dalla legge 40/2004, in materia di fecondazione assistita, e dalla legge 194/1978 sull’aborto. Quest’ultima però prescrive anche agli enti ospedalieri di garantire il diritto della donna e impone agli obiettori sia talune attività ausiliarie, sia gli stessi interventi abortivi quando per la donna vi sia pericolo di vita: un medico è stato condannato a un anno per il rifiuto di intervenire nel caso di una emorragia post abortiva, rivelatasi mortale.
NEPPURE VANNO dimenticati i diritti dei non obiettori a non essere costretti ad accollarsi gli interventi più ingrati, magari a fronte di obiezioni di comodo. L’equilibrio andrebbe assicurato delimitando convenientemente le quote di obiettori per reparto. Il diritto all’obiezione è una eccezione. Dunque, va circoscritto, evitando le interpretazioni lassiste che lo consentirebbero persino al farmacista per la cosiddetta pillola del giorno dopo. Interpretazione dibattuta, avallata dal comitato nazionale per la bioetica, e vista con qualche favore anche dal codice deontologico dei farmacisti, ma non consona alla stessa legge che, come abbiamo visto, impone all’obiettore persino le attività ausiliarie. Senza contare che, per molti, quella pillola è contraccettivo e non strumento abortivo.
CIRCOSCRIVERE L'OBIEZIONE è essenziale in una società ormai pluriconfessionale e plurietnica, anche per evitare sia discriminazioni che rivendicazioni a pioggia persino da parte dei pazienti. Sono recenti i casi di islamici che rifiutano le cure di un medico donna o che lo pretendono in esclusiva per curare la moglie o la figlia. Tornando alla obiezione, oltre i casi precisamente delimitati dalla legge, chi non può svolgere per motivi religiosi talune attività o professioni, può solo astenersi dal praticarle e non pretendere di svolgerle monche. Non si può voler fare il garzone unico di una piccola macelleria ma pretendere di avere il diritto di non toccare carne suina.