L’altra linea è quella del segretario, Nicola Zingaretti, e dei suoi fedelissimi, linea espressa anche prima che Conte iniziasse il suo discorso al Senato: "Ma dov’era, Conte, in questi 15 mesi? Serve discontinuità. Con Di Maio e i ministri del governo uscente si può discutere politicamente, ma non possono fare parte di un governo comune futuro. Un governo che è di legislatura, saldo e con numeri certi, oppure non è. Meglio il voto". Due linee, come si vede, diametralmente opposte. Oggi, nella Direzione dem convocata per le 11 al Nazareno, Zingaretti terrà la relazione introduttiva e imporrà la sua linea per portare il Pd "unito" alle consultazioni al Colle. E la sua linea, in Direzione, passerà: lì dentro ha numeri saldi, quindi il mandato a trattare Zingaretti lo avrà. Il guaio è che, quando la discussione passerà dentro i gruppi parlamentari, i numeri – altrettanto saldi – li hanno Renzi e i suoi. Per non dire del fatto che Marcucci (renzianissimo) e Delrio (prodiano) accompagneranno il segretario al Colle, per le consultazioni, e rappresenteranno la ‘loro’ opinione. Opinione che potrebbe essere dissonante da quella di Zingaretti.
Insomma, un bel guaio, per i 5Stelle, che – con il Pd più altri spezzoni vari assortiti di centristi e della Sinistra (LeU) – ci dovrebbero fare, addirittura, un governo. Senza dire che preferirebbero di gran lunga parlare con chi non li vuole (Zingaretti) che con chi fa loro ponti d’oro (Renzi). Zingaretti, infatti, chiede all’M5s "discontinuità": sui decreti sicurezza (da cancellare, magari proponendo Minniti al Viminale), sul nome del premier (Conte non va bene, ma potrebbe andare alla Farnesina), sul no alle politiche economiche del governo, sull’autoassoluzione dello stesso Conte. Posizioni condivise da Zanda, Misiani Mirabelli, Pinotti e pochi altri senatori dem. La verità è che gli zingarettiani continuano a restare scettici e guardinghi, su un nuovo asse con l’M5s, continuano a preferire il voto.
Favorevolissimo a una intesa con l’M5s è, invece, Renzi, soddisfatto della svolta che ha impresso a questa crisi: "Ho portato la palla sin qui, ora non sono più centrale", si schermisce. Non vuol dire la sua sul futuro premier del governissimo cui lavora e tantomeno su un eventuale Conte bis, ma garantisce che né lui né Lotti né la Boschi entreranno in un eventuale governo, tanto per evitare presenze ritenute ingombranti. Ma sia lui che Marcucci trovano "ineccepibile" Conte, non chiudono neppure alla presenza di Di Maio nel governo e Marcucci sentenzia: "Il dialogo con M5S è aperto". Ora, Renzi e Marcucci devono solo spiegarlo a Zingaretti...