Roma, 4 marzo 2025 – Come vede l’Europa all’indomani del vertice di Londra? “Sicuramente con maggiore consapevolezza dei cambiamenti che stanno avvenendo e delle decisioni che conseguentemente devono essere prese. Non è più tempo di parole vuote, ma di avere coraggio e determinazione”. È netto Lorenzo Guerini, attuale presidente del Copasir, il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, ex ministro della Difesa, esponente di punta dell’ala riformista del Pd.
Il coraggio e la determinazione per che cosa?

“Coraggio di una visione che porti l’Europa a essere protagonista e determinazione nel sostegno all’Ucraina, ma anche nelle scelte per rafforzare l’autonomia strategica europea, la sua competitività, la sua forza. Certo, da Londra emerge un quadro di consapevolezza e di iniziative conseguenti dei governi nazionali, anche per la presenza britannica, più che delle istituzioni comunitarie ancora troppo condizionate dalle liturgie dei processi decisionali unionali. E questo deve farci riflettere sull’esigenza non più rinviabile di fare le riforme di cui si parla da tempo”.
Il piano di pace anglo-francese ha molti ostacoli, ma per l’Europa è il solo in campo: è necessario, però, il consenso Usa innanzitutto. Come provare a ottenerlo?
“Intanto è positivo che si inizi a parlare di qualche elemento concreto. Anche da parte americana fino a ora, a parte l’ipotetico accordo sulle terre rare, non si è saputo molto. A Londra sono state dette alcune cose importanti: continuare con gli aiuti militari all’Ucraina, avere Kiev al tavolo delle trattative, aumentare le capacità future di difesa ucraine, definire un ruolo dell’Europa per consolidare le garanzie di sicurezza per l’Ucraina dopo la pace. Quest’ultimo punto è il più delicato, ma è decisivo e richiede un forte ingaggio della comunità internazionale, a partire da un impegno condiviso tra Europa e Stati Uniti”.
Quale ruolo può svolgere l’Italia? Meloni insiste a porsi come ponte verso Trump. È una scelta valida?
“Insieme ai Paesi più importanti del nostro continente. Con l’Europa. Non mi stanco di ripetere che è necessario tenere il punto sui principi, a cominciare dal sostegno a Kiev, e contenere per quanto possibile gli strappi prodotti dalla nuova amministrazione americana. Perché c’è molto in gioco: non solo la nostra sicurezza collettiva e un caposaldo internazionale come la relazione atlantica, ma anche il concetto stesso di Occidente e il suo futuro. Non spezzare il filo con l’altra sponda dell’Atlantico, nonostante tutto ciò che è successo, a partire dalla drammatica giornata di venerdì a Washington. E nel contempo portando Roma a essere protagonista nel sostenere il rafforzamento dell’Europa, a partire dalla sua dimensione strategica. Più forza all’Europa, altro che sovranismo”.
La politica di Trump punta a un sostanziale disimpegno militare in Europa. È verosimile o è una postura per chiedere un maggiore impegno finanziario europeo?
“Lo sguardo americano, molto prima di Trump, è rivolto all’Indopacifico e alla competizione sistemica con la Cina. Anche, anzi forse soprattutto, nella dimensione tecnologica. È da tempo che questa prospettiva dovrebbe essere chiara a noi europei. Non è questione di presenza militare americana in Europa, che non vedo francamente in discussione: non conviene neanche agli Usa, per molte ragioni militari e strategiche. Ma l’Europa deve fare molto di più per la sua sicurezza: riforma della governance, investimenti, rafforzamento delle capacità militari comuni, condivisione della base tecnologica e industriale. Le comode certezze su cui contavamo sono superate, bisogna che tutti ne siano consapevoli”.
Von der Leyen parla di urgenza del riarmo europeo: è una esigenza da perseguire?
“Procedere con risolutezza verso una vera Difesa europea non è più rinviabile. Che è prima di tutto una scelta politica più che tecnica e da tenere insieme a una politica estera comune e condivisa. Ora o mai più. Difesa missilistica, spazio, cyber: sono alcune delle frontiere strategiche della nostra sicurezza che ora non presidiamo sufficientemente. È necessario farlo per la sicurezza futura dei nostri Paesi e dei nostri cittadini. Mi rendo conto che non sia un argomento molto popolare, ma la verità è questa, piaccia o meno».
Come finanziare il piano di riarmo? “Allentamento del Patto di stabilità, debito comune, fondi di investimento comunitari. Ma insieme a tutto questo è necessario mettere in comune la base industriale, fare economie di scala, ridurre il numero delle piattaforme. In sintesi, fare di più e fare meglio”.
La Nato quale prospettiva può avere in questo scenario? “La Nato è la garanzia della nostra sicurezza collettiva. Una formidabile alleanza difensiva. La garanzia della nostra pace negli ultimi 75 anni. E come tale va preservata, anche se in una nuova prospettiva più bilanciata, in termini di responsabilità e di conseguente peso, tra le due sponde dell’Atlantico. E forse anche in un orizzonte strategico da ridefinire con Washington. Ma guai a metterla in discussione”.
Nel Pd, rispetto al finanziamento delle spese militari, non tutti sono d’accordo, a cominciare da Schlein: come muoversi?
“Se si ragiona nei termini che ho illustrato prima, cioè come elemento ineludibile di rafforzamento dell’autonomia strategica europea che la fase della Storia che stiamo vivendo ci impone, credo che, pur tra fisiologiche differenze di sensibilità, tutti siano d’accordo. Stiamo andando verso la ricerca di un nuovo ordine mondiale in un momento in cui i rapporti sono sempre meno cooperativi e sempre più competitivi se non confrontativi. Se l’Europa non diventa più forte rischia di diventare residuale se non vittima di questa riscrittura delle relazioni internazionali”.