Roma, 17 febbraio 2019 - La notizia di reato è stata inviata ieri ai magistrati di Catania, che seguono la vicenda Diciotti, dalla Presidenza del Senato. Alla Procura sono quindi arrivati gli atti firmati dal premier Giuseppe Conte e dai ministri Di Maio e Toninelli, nei quali si supporta la tesi del ministro Matteo Salvini che sostiene di aver agito «per il bene e la sicurezza degli italiani». A questo punto, è probabile che il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, come atto dovuto, apra un fascicolo e con ogni probabilità iscriverà nel registro degli indagati gli altri tre esponenti del governo. Una notizia che alimenta il travaglio all’interno del M5s sul voto al Senato per l’autorizzazione a procedere chiesta dal Tribunale dei ministri di Catania per Salvini tanto che il Movimento affida la decisione agli iscritti attraverso la piattaforma Rousseau. Segnali di fibrillazioni arrivano da Torino dove i consiglieri comunali del M5s anticipano che lunedì voteranno «sì» spiegando che «non si può tradire la propria coerenza per non mettere a rischio il Governo, sarebbe un ragionamento da vecchia politica», osservano. Posizione rilanciata anche dal Fatto Quotidiano nell’editoriale del direttore Marco Travaglio, considerato l’ispiratore dell’anima dura e pura del movimento.
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I conti il M5s li farà online e, conferma il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, l’esito sarà vincolante, anche se lui ritiene che «l’autorizzazione a procedere contro Salvini non vada concessa perché parliamo di un Consiglio ministri che ha agito collegialmente». La questione Diciotti, dunque, si complica, ma al momento sul banco della Giunta delle Immunità del Senato c’è solo Salvini, e il ricorso alla piattaforma Rousseau è un modo per allontanare dai vertici grillini la responsabilità di una scelta politica che, in questo momento, dovrebbe intestarsi solo Luigi Di Maio. Un leader sempre più fragile. D’altra parte, dentro gli scranni della Giunta di Palazzo Madama, tra le file 5 stelle, serpeggia un orientamento molto preciso sul tema, quello che porterebbe ad un ‘no’ alla richiesta di indagine (per sequestro di persona aggravato) della magistratura verso Salvini, fatto comunque epocale per i 5 stelle che della lotta ai cosidetti «scudi della casta politica» hanno sempre fatto una delle loro cifre di riconoscimento. Insomma, par di capire che il voto della base grillina di lunedì altro non sarà se non la ratifica di una decisione di fatto già presa dai vertici del Movimento. Ma un conto è la Giunta, un conto sarà poi il voto dell’Aula di Palazzo Madama. Dove, si sostiene in ambienti qualificati dei 5 stelle, Di Maio non sarebbe in grado di controllare l’intero gruppo parlamentare. «Comunque vada – analizzava ieri una fonte qualificata del Movimento – la lacerazione interna sarà inevitabile, perché un voto per il ‘si’ spaccherebbe in più parti il Movimento e trasformerebbe Salvini in un martire, mentre un voto per il ‘no’ ci coprirebbe dell’onta di aver ‘salvato Salvini’». Di Maio lunedì sera, durante una riunione già convocata per analizzare la sconfitta in Abruzzo, scommette di far digerire anche ai più riottosi il via libera al salvataggio del ministro dell’Interno che inevitabilmente giungerà dalle urne segrete di Rousseau. Una scommessa che potrebbe anche perdere.