Roma, 30 novembre 2021 - "Arrivare al punto di non scambiarsi gli auguri di buon Natale mi sembra esagerato” dice il leader del ‘nuovo’ M5s Giuseppe Conte. Il riferimento, formale, è alla polemica innescata dalle nuove ‘linee guida’ della commissione Ue (poi ritirate n.d.r.) sulle festività e sul genere (pare che espressioni come “Maria”, nel senso della madre di Gesù, o ‘buon Natale’, siano offensive: non rispettano i ‘non cristiani’), ma quello sostanziale potrebbe essere, invece, tutto interno al magico mondo del Movimento.
Cosa succede nel M5s
Que pasa? O, meglio, che succede? Succede che, nello stesso giorno, arrivano due annunci (e, anche, due notizie) fresche fresche, nuove nuove. Il primo è che ‘bastian contrario’, dopo aver stracciato la tessera del M5s da quando appoggia il governo Draghi, Alessandro Di Battista, dopo aver tanto tentennato, pensato e ripensato, sta per lanciare, stavolta davvero, un ‘nuovo’ partito, varcando il Rubicone e ributtandosi in politica.
Dibba lancia un nuovo partito
Si chiamerà 'Su la testa' (come in un famoso film western, diretto da un genio, Sergio Leone, che raccontava della rivoluzione messicana, ma uscito nel 1971 parlava di quella ‘italiana’…) e si baserà, almeno a livello di ‘base’ parlamentare, sul ‘gruppetto’ degli ex parlamentari M5s che, oggi, vegetano dentro i due Gruppo Misto di Camera (in ben 15) e Senato (qui solo in cinque) dal nome provvisorio ‘L’Alternativa c’è'.
Fornisce il lieto annuncio Alessio Villarosa, ex sottosegretario del governo Conte due, che dice, ai microfoni di Radio Cusano Campus: “Con ‘Su la testa’ le idee che hanno portato alla nascita del M5s abbiamo intenzione di strutturarle in un partito” e a quel punto Alessandro Di Battista ne sarà un leader per natura, sarà lui il frontman”. “Se l’M5s con Conte tornasse quello di prima – spiega il deputato ex pentastellato, ora nel Misto - io lo voterei. Il problema è che le istanze con cui M5s è nato si sono completamente perse. Cambiare è corretto, ma passare dal nero al bianco senza riflettere sul grigio non è coerente”. “Questo è accaduto – secondo Villarosa - perché si è accettata la sconfitta. Noi siamo entrati in Parlamento dicendo alcune cose, ma alla prima difficoltà molti hanno mollato e cambiato idea”.
Le battaglie (perse) di ‘Dibba’ e il suo tour
E così Dibba, dopo la battaglia (persa) contro il Mes, dopo gli scontri all’arma bianca con Salvini, ai tempi del Conte Uno (persa), dopo le ennesime sparate contro tutto e tutti (da Berlusconi in giù), dopo il no al voto di fiducia a Draghi e al suo governo, dopo aver stracciato la tessera del Movimento, difendendo solo la ex sindaca di Roma, Virgina Raggi, come appoggio concreto, e fattivo, in campagna elettorale, ha deciso di iniziare a dire qualche ‘sì, ma seguendo il rituale storico dei partiti politici della ‘Casta’: la scissione, comprensiva di rango parlamentare.
Da fine ottobre, del resto, Di Battista ha iniziato il suo tour in giro per l’Italia intitolato “Su la testa”. L’obiettivo è dare l’avvio ad un “nuovo percorso politico (sic) attraverso un’opera di opposizione che giunga dall’esterno delle Istituzioni”. E proprio oggi Di Battista ha spiegato a Repubblica che proverà a fare “qualche semplice battaglia di legittima opposizione, in un Paese dove attualmente e pericolosamente l’opposizione non esiste. Non esiste fondamentalmente neanche in Parlamento dove la Meloni teoricamente è all’opposizione, ma poi propone Mario Draghi come Presidente della Repubblica”. Insomma, a fare l’opposizione ‘anti-sistema’ sarebbe rimasto solo lui, ‘Dibba’ fuori da ogni asse destra/sinistra. Dibba ci crede e, in fondo, i sogni non costano…
Il tentativo del ritorno alle origini
Insomma, siamo di fronte al tentativo di un ritorno ‘in purezza’, al Movimento delle origini, quello del ‘Vaffa’, della guerra alla Casta (chi non ricorda il famoso “Apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno” cui la Meloni rispose: “il tonno siete diventati voi”…), delle posizioni e strategie prese ‘in solitaria’. I punti del nuovo partito che fonderà ‘Dibba’ si sanno già: no a un’alleanza con il Pd (come fu nel 2013, ma anche nel 2019), no a eleggere in modo condiviso un Capo dello Stato (come fu nel 2013 e nel 2015, con Napolitano prima e Mattarella poi), no ai finanziamenti della politica, di qualsiasi genere e dimensione, 2xmille in testa, no a ogni tipo di alleanza con altri, no, ovviamente, al “governo dei banchieri” (sic), quello attuale, a guida Draghi, no a superare il tetto dei due mandati, no alla Politica come ‘professione’ (lo insegnava Weber, ma tant’è).
‘Sì’, invece, a una nuova ondata di referendum, dopo quello (vinto) sull’acqua pubblica nel 2011 e dopo il boom delle ultime proposte referendarie, sì alla guerra alla ‘partitocrazia’ come ai Pass (Green Pass, Super Green Pass), ‘nì’ sui vaccini e sì a un M5s che torni quello ‘delle origini’ e che si presenti sempre ‘in solitaria’ a ogni tipo di gara, dalle comunali alle regionali alle politiche. Un Movimento 4.0 che, molto probabilmente si ‘riallineerà’ alla Casaleggio&Associati, la ‘casa madre’ del Movimento delle origini, che tornerà sotto l’ala protettrice di Davide Casaleggio jr., che tornerà ad usare la piattaforma Rousseau, cui far decidere ogni atto politico (e ogni sospiro) e che, su posizioni in parte di destra radicale no vax e non Ue e in parte di sinistra radicale ‘no pasaran’ (i banchieri, le elites, i ricchi, il G7, etc.) darà filo da torcere, sui temi e nell’approccio, a un M5s ‘official’ a rischio di nuove emorragie di abbandoni, in Parlamento, e di voti, nel Paese. Anche perché il Movimento ‘4.0’, alias ‘Su la testa’ si presenterà alle future elezioni politiche, quando ci saranno e lì si vedrà quanti voti vale.
L’M5s ‘official’ sempre più uguale agli altri
Ma se ‘questo’ è il progetto di Di Battista, dall’altra parte c’è un M5s ‘official’ sempre più simile ai partiti ‘tradizionali’, sempre più organico al ‘Sistema’ che voleva combattere e, anche, sempre più deficitario di parlamentari (che se ne vanno), di iscritti (idem) e di voti.
Un M5s che ha rotto con la piattaforma Rousseau, con la Casaleggio&Associati, con il Movimento delle origini, ma che vede ancora in Beppe Grillo il suo ‘garante’ e che è diventato un partito proprio come ‘tutti gli altri’. Il voto sul web che si è tenuto oggi, infatti, ha certificato, infatti, e con un abbondante 72% di ‘sì’ tra i votanti e iscritti, che anche il M5s accederà ai – tanto aborriti – fondi del ‘2xmille’, i contributi volontari dei cittadini (stile 8xmille) e l’unica forma di finanziamento diretto alla Politica che esiste da quando è stato abolito, nel 2013, il finanziamento pubblico che lo Stato (e non i cittadini) dava ai partiti politici. Il prossimo passo sarà, molto probabilmente, l’abolizione del tetto dei due mandati (non cumunabili in modo ripetuto), per i suoi eletti. Dopo l’acquisto di una ‘sede’ fisica (lussuosa e assai costosa, in piazza del Parlamento), la ‘strutturazione’ in partito vero e proprio (con i vari organismi apicali: segreteria, direzione, responsabili regionali, provinciali, cittadini, etc.) e dopo il ‘divorzio’ da Rousseau (gli iscritti M5s votano, da quando hanno eletto Conte presidente, sulla piattaforma Sky Vote), mancava solo questo tassello per diventare, appunto, un ‘partito’ come – o, forse, più – degli altri. Quelli tanti aborriti e, fino a ieri, vituperati.
E hai voglia, Giuseppe Conte, nel commentare il voto di ieri, a dire che "utilizzeremo tali somme per rafforzare l’azione politica sui territori, elaborare nuovi progetti per essere vicini ai bisogni e alle richieste delle persone, a livello nazionale e locale" o che "Il Movimento 5 stelle è l’unica forza politica che restituisce alla collettività una parte degli stipendi dei propri parlamentari". Certo, molti erano contrari, alla sua proposta, e lui temeva di perderlo, persino, il referendum in Rete, tra gli iscritti, ma la verità è che il M5s ‘official’ è diventato un ‘partito’ come tutti gli altri. 'Il tonno' di cui parlava la Meloni. Si vedrà solo alle elezioni se Dibba e il suo M5s 4.0 avrà più fortuna, di certo è ben più coerente.