Roma, 27 ottobre 2018 - Il gip di Roma, Maria Paola Tomaselli, ha convalidato il fermo dei tre indagati per la morte e lo stupro di Desiree Mariottini. I tre, i senegalesi Brian Minteh e Mamadou Gara e il nigeriano Alinno Chima, restano in carcere. Secondo quanto si apprende, agli interrogatori di garanzia nel carcere di Regina Coeli a Roma uno degli indagati si è avvalso della facoltà di non rispondere mentre due hanno deciso di parlare.
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Il nigeriano avrebbe riferito al suo avvocato, Giuseppina Tenga: "Non mi sarei mai permesso neanche di sfiorare Desirée perché si vedeva che era una bambina". "Il mio assistito oggi ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere perché non è neppure in grado di capire di che cosa è accusato", ha riferito il difensore lasciando il carcere.
"Io non c'entro nulla con questa storia. Non sono stato io, sono stati altri", si sarebbe difeso invece Brian Minteh. L'uomo, durante l'atto istruttorio, avrebbe fatto i nomi di altre persone. Nominativi su cui gli investigatori dovranno effettuare ulteriori accertamenti e verifiche.
Nei confronti dei tre indagati la Procura contesta i reati di omicidio, violenza sessuale e cessione di stupefacenti. Stesso reati contestati al quarto fermato, Yusif Salia, cittadino ganese, bloccato ieri a Foggia e trovato anche in possesso di 11 chilogrammi di droga. Salia resta in carcere a Foggia: il suo fermo dovrà essere convalidato nella città pugliese.
GIP: CRUDELTA' SENZA ALCUN REMORA - Gli indagati hanno agito "con pervicacia, crudeltà e disinvoltura" mostrando una "elevatissima pericolosità e non avendo avuto alcuna remora", scrive il gip nell'ordinanza di conferma degli arresti. Inoltre i fermati hanno posto in essere "condotte estremamente lesive in danno di un soggetto minore giungendo al sacrificio del bene primario della vita". Quindi per il magistrato esiste un "concreto pericolo di recidiva e di fuga". E continua: "siamo in presenza di soggetti tutti irregolari sul territorio nazionale rispetto al quale non presentano alcun tipo di legame familiare e lavorativo" ma sono dediti all'attività di spaccio.
LA FRASE CHOC: "Meglio che muore lei che noi in galera". Sarebbe la frase, presente nell'ordinanza, che secondo alcuni testimoni avrebbero pronunciato i tre fermati.
IMPEDIRONO I SOCCORSI - Inoltre gli indagati "impedirono di chiamare i soccorsi per aiutarla", afferma il gip. I fermati "dapprima hanno somministrato alla ragazza il mix di droghe e sostanze perfettamente consapevoli del fatto che fossero potenzialmente letali per abusarne, poi ne hanno abusato lungamente e ripetutamente, infine l'hanno lasciata abbandonata a se stessa senza adeguati soccorsi, nonostante l'evidente e progressivo peggiorare del suo stato, fino ad impedire ad alcuni dei presenti di chiamare i soccorsi per aiutarla".