Roma, 22 ottobre 2024 – Sul Colle hanno iniziato a mangiare la foglia di buon mattino, vedendo che il decreto tardava ad arrivare. Segno che qualcosa nel testo varato dal Consiglio dei ministri sarebbe cambiato. Ed è così: quando il travagliato parto finalmente si conclude nel decreto Paesi sicuri c’è un passaggio di ordine procedurale del quale non c’era traccia lunedì sera. In sintesi, il governo potrà presentare ricorso contro sentenze come quella del Tribunale di Roma che ha ordinato il rimpatrio dei 12 migranti già trasferiti in Albania direttamente in corte d’Appello. Al momento, doveva essere presentato in Cassazione: in effetti, il Viminale ha chiesto ai suo avvocati di ricorrere contro quella sentenza. Ma si scrive Cassazione e si legge tempi lunghi. La norma che sposta il ricorso contro le ordinanze sul trattenimento dei migranti in centri di rimpatrio alla corte d’Appello con l’obbligo di verdetto entro dieci giorni serve proprio ad accelerare. Soprattutto, però, comporta una rivalutazione della causa nel merito e quindi ha più chance di ribaltare le ordinanze dei giudici, rispetto a quella di pura legittimità prevista dalla Cassazione. Non è un elemento risolutivo, come non lo è la lista dei 19 Paesi sicuri promossa a legge, cioè a norma primaria. Ma un asso il governo non ce l’ha.
La sorpresa procedurale nel decreto poteva creare problemi: proprio sulle intenzioni del governo di inserire modifiche di questo tipo si era svolto lunedì un braccio di ferro con gli uffici giuridici del Quirinale. La presidente Meloni aveva scelto di arretrare, ieri ci ha ripensato ma l’aggiunta non è deflagrante come sarebbero state altre ipotesi, prima tra tutti il passaggio della competenza in materia ai giudici di pace. Una fitta interlocuzione tra Palazzo Chigi, ministero della Giustizia, Viminale e Quirinale ha spalancato la porta alla norma. Quasi certamente il capo dello Stato firmerà il decreto (che potrebbe diventare un emendamento del decreto flussi ora all’esame della Camera), nonostante i dubbi sui caratteri di necessità e urgenza del provvedimento. Un nuovo trasferimento di migranti in Albania è certo, anche se è impossibile dire quando si verificherà. La reazione dei magistrati, a quel punto, è incerta: potranno ignorare il decreto e invalidare il trasferimento o ricorrere alla Consulta come dice il governo. Si vedrà.
Per ora i togati fanno quadrato contro gli attacchi del governo e le critiche delegittimanti mosse in coro dall’intero centrodestra a partire dalla premier. Talmente pesante è lo scontro che a chiedere di aprire una pratica a tutela dei giudici della sezione migranti è il Csm, l’organo di autogoverno dei magistrati: “Le dichiarazioni di queste ore da parte di importanti rappresentanti delle Istituzioni, alimentano un ingiustificato discredito nei confronti della magistratura”, si legge nel documento firmato dalla maggioranza del Csm, con l’eccezione dei componenti di Magistratura indipendente. Nelle stesse ore, i membri laici di centrodestra chiedono all’organo di autogoverno delle toghe l’apertura di una pratica su Marco Patarnello per la mail critica contro Meloni.Tant’è: il sindacato delle toghe, Anm, sembra rispondere al guardasigilli Carlo Nordio quando stigmatizza il “dileggio da parte di alti esponenti del governo affidato ad accuse di pregiudizialità ideologica o di esondazione nella sfera riservata alla politica”. I partiti del campo largo – Pd, M5s e Avs – fanno muro con i togati e reclamano sul punto l’informativa della premier in aula. Insomma, la vicenda è tutto tranne che chiusa.