Venerdì 22 Novembre 2024
CLAUDIA MARIN
Politica

Decreto dignità, il governo fa i conti. "Perderemo 8mila posti all'anno"

Il ministero ammette: riducendo i rinnovi, calano anche i lavoratori

Luigi Di Maio (ImagoE)

Luigi Di Maio (ImagoE)

Roma, 14 luglio 2018 - Ottantamila posti di lavoro in meno in dieci anni: 8 mila l’anno. A indicare la perdita di occupati, per effetto delle norme del decreto Dignità sul lavoro, è la relazione tecnica allegata allo stesso provvedimento. Con l’aggiunta, per di più, del venir meno di circa 135 milioni di euro di entrate contributive tra 2018 e 2019. E proprio nel giorno in cui il pacchetto voluto a tutti i costi dal super ministro Luigi Di Maio entra in vigore con l’attesa pubblicazione in Gazzetta ufficiale, a puntare l’indice sull’effetto boomerang sono il segretario Pd, Maurizio Martina, e la vice presidente della Camera Mara Carfagna (FI). L’attacco al cuore del primo intervento-bandiera a 5 Stelle è senza risparmio: altro che contrasto della precarietà, siamo alla decrescita infelice. Il tutto accompagnato dall’annuncio della leader Cgil Susanna Camusso di un nuovo referendum nell’ipotesi, sempre più concreta, di reintroduzione dei voucher per agricoltura e turismo.

A rendere complicato l’avvio dell’operatività del nuovo decreto è anche la diffusa convinzione che tra il varo delle norme al consiglio dei ministri del 2 luglio e l’approdo in Gazzetta sia scattata la corsa a stipulare contratti per evitare di incappare nella stretta sia per la pubblicità dei giochi, sia sui contratti a termine e di somministrazione. Una sorta di ‘furbetti della vacatio ’ che ha visto consulenti del lavoro scrivere ai propri clienti per suggerire di fare presto a rinnovare contratti e allungare le scadenze, ma anche le società calcistiche stringere sugli sponsor. Tanto che lo stesso vice premier attacca: «Ho saputo che mentre stavano per emanare il decreto molte società, tra cui quelle di calcio, hanno fatto una corsa per stipulare nuovi contratti con il gioco d’azzardo per fare pubblicità. Se qualcuno ha fatto i contratti per fregarci metteremo una norma in sede di conversione del decreto per evitare che chi ha fatto il furbo la faccia franca».

La corsa ai contratti a tempo determinato o ai rinnovi degli stessi, però, non è stata citata dal ministro. E non a caso. Troppe e troppo convergenti si sono rilevate, infatti, le critiche di tutte le associazioni imprenditoriali rispetto alla stretta sui contratti a termine. Né a fermare le polemiche sono bastati gli annunci sulle innovazioni in cantiere per l’iter parlamentare: non solo i voucher per agricoltura e lavori domestici (forse anche il turismo), ma anche possibili norme di incentivo per la «stabilizzazione» dei contratti.

Anzi, a rendere più incandescente il dibattito sul pacchetto lavoro è quel che è scritto nero su bianco nella relazione tecnica. Si prevede appunto una frenata dei rinnovi e dei nuovi contratti a termine: 3.300 lavoratori in meno nel 2018 e 8mila l’anno dal 2019 al 2028. E la stima potrebbe essere prudenziale. Quanto basta per dar fuoco alla polemica politica. «Ottantamila posti di lavoro in meno in 10 anni – scrive Martina –. Sono quelli che prevede in relazione del decreto dignità. Ma non doveva essere la Waterloo del precariato? Il problema del lavoro non si risolve distruggendolo». Non da meno la Carfagna, ma anche le capogruppo di Camera e Senato, Mariastella Gelmini e Annamaria Bernini. «Se l’obiettivo di Di Maio – attaccano – è la decrescita infelice, si può dire con obiettività che la strada è quella giusta».

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