Bologna, 2 gennaio 2025 – Presidente Michele de Pascale, il governo ha scelto: il commissario per la ricostruzione dopo l’emergenza alluvione del 2023 nella sua Emilia-Romagna e in parte delle Marche e Toscana, dopo il generale Francesco Figliuolo, sarà l’ingegnere Fabrizio Curcio, già a capo della Protezione civile.
“È stata scelta una figura competente e che dà fiducia, un professionista che sarà operativo sul territorio e gestirà la struttura commissariale direttamente in Emilia-Romagna”.
Ma lei avrebbe voluto altro.
“Avevamo fatto una proposta diversa proponendo il modello per noi migliore, un modello che è lo stesso con cui ci approcciamo al governo della regione: nella guida del territorio ci si appoggia ai sindaci, dunque identificare direttamente nella Regione la struttura commissariale avrebbe avuto senso e grande efficacia. E lo dico a prescindere dal colore politico, io lo applico quotidianamente”.
Meloni però ha detto no.
“Abbiamo subito capito che non ci sarebbe stata questa possibilità e avevo detto al vostro giornale che sarebbe stato meglio non farlo senza l’ok convinto della premier: senza colloquio col governo, non avremmo di certo avuto la bacchetta magica”.
E ora ecco Curcio, un nome che ha avuto l’ok dalla premier, da Fratelli d’Italia, ma che va anche nella direzione da lei richiesta di un ‘non militare’.
“A queste condizioni ci sono, ci sarà un cambio di passo nell’azione”.
Vi siete già sentiti con il commissario?
“Sì, ci conosciamo bene, abbiamo vissuto fianco a fianco i giorni in cui Ravenna ha rischiato di essere alluvionata, lavorando benissimo insieme. Starà sul territorio, mi ha assicurato la sua presenza. Non c’è un minuto da perdere, siamo a completa disposizione. Anzi, spero che con il decreto di nomina possa già essere varato un pacchetto di norme per avere massima operatività”.
Facciamo degli esempi.
“Punto numero uno: maggiori poteri al commissario di deroga per le opere di messa in sicurezza. Oggi ci sono procedure ‘para-ordinarie’, non sono previsti poteri speciali, un esempio poteva essere il ponte Morandi a Genova. In seconda battuta, serve maggiore capacità di realizzazione delle opere: se ci sono strutture statali che vengono in Emilia-Romagna, si prendano pieno carico oppure accresciamo la sinergia dello Stato con il personale della Regione. Infine, gli indennizzi”.
Parliamo dei rimborsi?
“Bisogna evitare passaggi di consegne non ben gestiti che allunghino i tempi, ma, anzi, semplifichino e sdoganino le procedure”.
Si riferisce a Sfinge, la piattaforma utilizzata per chiedere i rimborsi?
“Non solo, ma Sfinge può essere migliorata”.
E quindi a cosa pensa?
“Per esempio alle delocalizzazioni, che per me non sono il tema dei temi, ma serve una norma precisa”.
Altro fronte, il Decreto Regio del 1904, oggi fonte primaria in materia di difesa del territorio.
“Una norma da modificare, che rende difficile agire sui territori a monte della via Emilia: serve un gruppo di lavoro a Palazzo Chigi proprio per riflettere sulle esigenze normative”.
Messaggio politico: dopo un anno e mezzo di scontri frontali siamo al ramoscello d’ulivo?
“Ho sempre promosso il principio secondo cui le istituzioni devono operare con leale collaborazione. Questo è il primo passo di una maratona: le istituzioni hanno fatto la loro parte, ora lo facciano anche tutte le forze politiche”.
Eppure in aula a Roma non è andata così liscia.
“Su alcuni temi c’è profonda distanza, su altri siamo lontanissimi. Questo non vuole dire che non si possa lavorare insieme per il bene dei cittadini”.
Il ‘suo’ Pd ha attaccato a muso duro su...
“Sanità, certo. L’elemento più preoccupante della manovra è il finanziamento della spesa sanitaria. Metà del Paese non ce la fa più, un’altra metà non dà più risposta a chi chiede di curarsi altrove, ma la narrazione del governo è tutt’altra. Poi bisogna potenziare il trasporto pubblico e anche sul lavoro e sullo sviluppo si deve fare di più”.