Caterina Chinnici (foto) spera nel triplete. La magistrata siciliana, 69 anni, figlia di Rocco Chinnici, consigliere istruttore assassinato dalla mafia nel 1983, punta per la terza volta all’Europarlamento. Le prime due volte era capolista del Pd, ora si presenta come capolista di Forza Italia.
Quali sono i punti di forza che possono convincere gli elettori del collegio Isole a votarla?
"Sono i temi su cui lavoro in Europa da dieci anni. Ovvero giustizia, sicurezza, lotta alla criminalità, tutela dei giovani, delle donne, dei bambini. Mi candido per dare continuità all’impegno avuto finora nel Parlamento europeo. Soprattutto sul fronte della lotta alle mafie e al riciclaggio su cui mi sono occupata a lungo per arrivare a una normativa organica e molto avanzata".
Le mafie sono diventate sempre più un problema europeo.
"Le organizzazioni criminali non sono il problema di un Paese, ma un bubbone transnazionale. Ora questa urgenza si avverte anche al Parlamento europeo, quando arrivai nel 2014 non era così: mi resi conto che occorreva una legislazione organica a livello europeo che armonizzasse quelle dei diversi Stati e fornisse ai magistrati e alle forze di polizia norme che potessero contrastare mafie che operano in diversi paesi. Ci sono ora strumenti avanzati come la direttiva per la confisca, approvata nel marzo scorso, che contiene i miei emendamenti per il riutilizzo dei beni confiscati ai fini sociali e l’aggressione dei patrimoni illeciti costituiti con le criptovalute".
Quali sono le mafie emergenti?
"Europol, con cui io mi interfaccio spesso, ci dice che ci sono in Europa ben 5mila organizzazioni criminali, ognuna con una sua caratteristica. Si va dalle bande dei motociclisti attive in Germania nel traffico di droga e armi alle mafie russe e albanesi. Tutte hanno un orizzonte transnazionale come accade con la ‘ndrangheta che gestisce il traffico di stupefacenti. Tanto denaro poi finisce in attività legali. Per questo non ci si può fermare alla repressione, occorrono strumenti innovativi sul riciclaggio dei capitali illeciti".
Perché ha detto addio al Pd dopo esserne stata capolista?
"Non sono mai stata iscritta al Pd, sono una moderata, un tecnico che ha mantenuto una sua autonomia. Ho lavorato con il gruppo del S&D che in questa legislatura si è sempre più spostato su posizioni radicali. Non mi sono sentita più a casa, mi trovavo più in sintonia con i colleghi del PPE".
La Schlein le ha telefonato?
"Con Elly i rapporti sono stati sempre buoni e affettuosi, i problema era politico".
A questo punto Tajani ha avuto gioco facile.
"Sì, con lui c’era un feeling già dal 2014, una stima reciproca e una bella sintonia. Conosceva bene il mio contributo ai provvedimenti legislativi. È stato naturale accettare la candidatura".
Nino Femiani