Marco Polo dice al Kublai Khan, nelle “Città invisibili” di Calvino: “Di una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”. E proprio da una domanda cominciamo, oggi, il viaggio nelle “Città invivibili” del nostro tempo, a Firenze come a Bologna, come a Milano: è ancora possibile abitarle? Cosa può fare un cittadino, solo, contro Airbnb, il frazionamento urbano, l’inflazione, il mercato selvaggio?
Siamo partiti da Firenze, dove 20 metri quadrati costano 1.100 euro al mese, e 12 metri quadrati 600 euro. Dove nel nulla dell’offerta abitativa, si tenta di affittare di tutto, a studenti e a lavoratori, a single e a coppie, a famiglie: corridoi e soffitte inagibili, vecchie stanze d’albergo, bugigattoli senza bagno.
I contratti sono transitori, spesso in nero. Le cifre, impossibili. Henry Lefebvre scriveva che “il diritto alla città si manifesta come una forma superiore di diritti: alla libertà, e all’abitare”. Tra i diritti che stiamo perdendo, dobbiamo cominciare ad annoverare anche questo. A farne le spese sono i più giovani. Studiare, lavorare, abitare, vivere: l’impossibilità di far fronte a costi e complessità porta come unico effetto la rinuncia. E del resto la spesa pro-capite per le politiche sociali abitative (Eurostat, 2021) in Italia è di appena 11,50 euro, 20 volte inferiore rispetto a Germania (199 euro) e Francia (210 euro).
A proposito di Milano, Antonio Calabrò scriveva sull’Huffington Post di come le nostre città siano ormai sempre più affollate “da city users benestanti e sempre meno da cittadini con un progetto di vita”. Perdere cittadini significa perdere lavoratori, e dunque ricchezza: sociale, urbana, culturale. Firenze è un caso emblematico. Perché è la città che porta in dote i simboli dell’idealismo calato nel tessuto urbano, dell’urbs unita alla civitas: architettura e buon vivere, infrastrutture e socialità, condivisione, cittadinanza. La città che si fa politica.
La sindaca Sara Funaro (non da meno i sindaci di Bologna e Milano) si sta battendo contro la piaga degli affitti brevi, che contribuisce a rosicchiare l’anima di uno dei centri storici più belli del mondo. Ma all’indignazione e alla denuncia va finalmente unita una seria riflessione, a partire da Governo e Regioni, su come innescare il vero cambio di rotta. Del resto “la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee di una mano” (ancora, “Le città invisibili”). Firenze, come molte altre delle nostre magnifiche città, rischia di non contenere più né il passato né il presente dei suoi abitanti. Del resto il patrimonio di un luogo non è una merce, ma un bene condiviso, l’unico capace di rispondere alla domanda più importante: chi ha diritto di vivere, di abitare, qui?