Roma, 17 dicembre 2018 - Dopo i morsi e le zampate delle ultime ore, i soci provano a ricucire complice anche l’assenza – chissà quanto diplomatica – di Giorgetti. Nel mirino dei grillini per aver espresso più d’un dubbio sul reddito di cittadinanza, il sottosegretario leghista non partecipa al vertice di Palazzo Chigi: vuole festeggiare il compleanno in famiglia, gettano acqua sul fuoco i suoi. Al tavolo del governo, riunito per chiudere l’estenuante trattativa con la commissione europea, ci sono i due vice, Di Maio e Salvini, gli altri sottosegretari di punta – Garavaglia e Castelli – con Fraccaro, il ministro dell’economia Tria. Si plana su un faticoso pareggio, complice l’aut aut del premier Conte ai dioscuri giallo-verdi, prima dell’inizio del vertice: o si trova un accordo sulle misure da mandare a Bruxelles oppure, oltre a fare i conti con la procedura d’infrazione della Ue il Paese avrebbe dovuto cercarsi un altro capo del governo.
L’ultimatum viene formalmente smentito, fatto sta che il premier porta a casa i 10 miliardi, più o meno quello che chiedeva l’Europa. "L’intesa è totale", assicurano dall’esecutivo. Ma le ferite sono troppo profonde per sanarle con un cerotto e la più lacerante riguarda i tagli sulle misure targate Lega e M5s.
Dopo settimane di tira e molla per dividersi il peso dei tagli, un comunicato targato Palazzo Chigi sancisce la soluzione salomonica: la somma stanziata per reddito e quota 100 verrà limata in egual modo: 2 miliardi in meno per entrambe. Pace? Fino a un certo punto: il vascello giallo-verde è stato rimesso in mare ma le toppe fermate con lo scotch rischiano di riaprirsi ad ogni ondata. "Sono le ore più importanti dal 4 marzo", ammette Di Maio. Sono anche le ore in cui dal Quirinale trapela perplessità per il balletto sugli ultimi numeri, le stesse in cui Salvini mette il veto sull’ecotassa: "Il contratto è chiaro: non ci sarà nessuna tassa sulle nuove auto". Anche qui finisce praticamente pari e patta. Non c’è, però, contratto che possa nascondere una divisione strategica: ambiente e grandi opere sono fronti in cui i soci la pensano esattamente all’opposto. Può sembrare più casuale il litigio sulle pensioni d’oro: in realtà dietro la ferita c’è una lacerazione profonda frutto di due logiche che rispecchiano basi elettorali differenti.
Naturalmente, l’ordine di scuderia è tenere le divisioni quanto più possibile sottotraccia ma – come al solito – il ruolo di dire “il re è nudo” lo assume il presidente della Camera Fico: "Prima di tutto, la Tav non serve. Poi abbiamo fatto promesse rispetto al Tap e al Terzo Valico in campagna elettorale: ora si deve chiedere scusa". E tutto ciò senza contare il delicato tema dell’immigrazione, sul quale finora la Lega ha dettato legge ma niente esclude che, in un clima poco idilliaco, non finisca per essere meno isolato Fico, con la sua linea minoritaria almeno tra i parlamentari: "Se il sondaggio dice che l’accoglienza dei migranti non tira più io me ne frego. Perchè so che c’è un fenomeno che va governato, non posso cambiare le mie politiche in base un sondaggio".
"Il dialogo continua fra la Commissione Ue e l'Italia sul bilancio 2019. I commissari Dombrovskis e Moscovici sono in contatto con il ministro Tria. La Commissione deciderà i prossimi passi sulla base dei risultati di questo dialogo. Quanto alla riunione dei capi di gabinetto non commentiamo, il lavoro continua a tutti i livelli e non diamo dettagli". Così in serata il portavoce della Commissione Europea, Margaritis Schinas.