Roma, 23 agosto 2024 – È precisamente un lungo addio quello tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte. Per quanto tra loro non sia neanche lontanamente sbocciato il sodalizio a sfondo noir narrato da Raymond Chandler nel suo capolavoro hardboiled, il rapporto tra i due maggiorenti dei 5 Stelle è diventato non meno irreconciliabile di quell’amicizia imperdonabilmente tradita. Specialmente per l’ex capocomico del Movimento. Il che è destinato, in un modo o nell’altro, a culminare in una separazione. Strascichi legali compresi riguardo alla titolarità del simbolo e del nome del Movimento, di cui per altro l’ex premier non esclude la rimessa in discussione.
Che avvenga prima o dopo l’assemblea costituente di ottobre, il fatto è che Grillo e i suoi fedelissimi non condividono neanche lontanamente l’orizzonte indicato dal presidente Conte e condiviso dalla gran parte dei parlamentari e gli eletti. Ovvero: una ristrutturazione in forma più partitica del Movimento, provando a rafforzarne il radicamento territoriale e collocandolo stabilmente nel campo del centrosinistra al fianco in primo luogo del Pd di Elly Schlein. Indicazioni che emergono chiaramente anche dalle proposte in arrivo sulla piattaforma messa a disposizione per la Costituente. In ventiquattro ore sono arrivate oltre mille idee proposte dalla base, che costituiranno materia di elaborazione per la plenaria del 19 e 20 ottobre.
Dopo la débâcle delle europee, l’istanza più gettonata riguarda il radicamento e il rafforzamento della presenza sui territori, compreso destinarvi le risorse dell’autotassazione dei parlamentari. Ma tiene banco anche il tema delle regole sulle candidature e la selezione della classe dirigente. Il limite dei due mandati ha il vantaggio di sventare la formazione di nomenclature ma lo svantaggio di non favorire la strutturazione di classe dirigenti: in un partito strutturato come il Pci, ad esempio, erano concesse deroghe decise dagli organismi locali e nazionali. Mentre riscuotono consenso le battaglie sul salario minimo e sul sostegno ai ceti più fragili, disabili e anziani in testa.
In molti aprono ad alleanze strutturali nel centrosinistra, perché “non si può pensare di andare a governare da soli”. A patto però che il perimetro non comprenda Italia Viva e Azione. La questione impatta direttamente sulle prossime elezioni in Liguria. Per la successione a Giovanni Toti dal M5s arriva il nome del senatore Luca Pirondini, mentre Uniti per la Costituzione propone l’ex presidente della Commissione antimafia Nicola Morra, considerato vicino a Grillo. Il cui divorzio dal Movimento, una volta persa la guida geniale di Gianroberto Caseleggio, è dato ormai per scontato. Con lui, sicuramente, l’ex ministro Danilo Toninelli. Ma probabilmente anche Alessandro Di Battista e l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi.