Roma, 5 gennaio 2017 - SI SONO concluse le operazioni nel centro di accoglienza di Cona, in provincia di Venezia, per il trasferimento di 100 migranti nel Cie di Bologna, dopo le proteste legate al sovraffollamento della struttura veneta e alla morte (per trombosi polmonare) di una giovane ivoriana. Per i ‘rivoltosi’ sono state avviate le pratiche di interruzione dell’accoglienza con conseguente espulsione. Altri cento da Bologna sono stati dirottati in centri nella regione. La prima notte dopo la rivolta è trascorsa tranquilla e ieri mattina è iniziato il trasferimento deciso dal Viminale di circa il 10% degli ospiti presenti. A bordo dei pullman sono salite le persone scelte in base all’anzianità di soggiorno. Si trattava in gran parte di uomini, ma c’era anche qualche donna. L’arrivo dei bus a Bologna, dove l’hub è già al collasso, è stato accolto da un presidio organizzato da un gruppo di area ‘anarco-antagonista’. Tenuti a distanza dalle forze dell’ordine.
AL PALAZZO di giustizia di Venezia, invece, si è svolta una riunione operativa presieduta dal procuratore aggiunto Carlo Nordio: danneggiamento e violenza privata, senza escludere a priori la possibilità di contestare il reato di sequestro di persona, queste le ipotesi di lavoro degli inquirenti per accertare le responsabilità della rivolta. Alla partenza dei trasferiti per Bologna, era stata annunciata anche la visita dei parlamentari di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni e Giovanni Paglia (che da mesi denuncia la situazione del Cpa di Cona). Sono entrati dopo un rimpallo di responsabilità tra Prefettura e titolari del centro. Fratoianni ha riferito poi di aver trovato una «situazione disastrosa» e «condizioni disumane» legate alla presenza di un numero così elevato di migranti in una struttura di quel tipo.
«Voglio dire da qui al ministro Minniti – ha aggiunto – che rilanciare l’apertura di nuovi Cie è proprio il segno di un errore strutturale. Bisogna cambiare direzione, andare verso forme di accoglienza diffusa in accordo con Regioni, Comuni e associazionismo». Una posizione espressa ieri, a due passi dalla nuova destinazione dei migranti a Bologna, nella vicina Toscana, anche dal governatore Enrico Rossi, dalla segreteria regionale della Cgil e dal sindaco di Prato, Matteo Biffoni, delegato dell’Anci per le politiche dell’immigrazione. «Si facciano lavorare i migranti, si dia loro la possibilità di pulire strade, mettere a posto fossi: i sindaci sono bravissimi a trovare soluzioni», ha proposto Rossi. «I centri di identificazione ed espulsione non li abbiamo mai avuti qui, ci siamo sempre opposti alla loro apertura e non li vogliamo adesso», ha ribadito il sindacato. «Non potranno esserci più di 2-3 migranti ogni 1.000 residenti e questo consentirà di spalmare l’accoglienza su tutti i territori», ha spiegato Biffoni. MA PICCONATE sull’annunciato rilancio dei Cie arrivano anche dai Cinquestelle. Aprirne uno per regione, si legge sul blog di Beppe Grillo, «rallenterebbe solo le espulsioni degli immigrati irregolari e non farebbe altro che alimentare sprechi, illegalità e mafie». Dalla Lombardia, il governatore Roberto Maroni rivendica la sua esperienza in materia come ministro dell’Interno negli anni 2009-2011, per quanto riguarda «rimpatri forzati e respingimenti in mare» verso la Libia di Gheddafi. Ma nel 2012 la Corte europea per i Diritti umani condannò all’unanimità l’Italia per queste pratiche. In prefettura a Bologna si lavora per ripartire gli ospiti tra le varie province della regione: oltre ai migranti di Cona le autorità stanno cercando una sistemazione per 50 persone provenienti da Taranto e da Trapani. All’ex Cie di via Mattei, ora centro regionale di smistamento, potrebbe arrivare solo la quota di migranti destinata poi a restare nel capoluogo.