Lunedì 23 Dicembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Maggioranza Ue, von der Leyen gela Meloni

Appuntamento tra Ecr e la presidente uscente della Commissione. Ma la premier non ci sarà. Forse si sentiranno al telefono. Intesa in bilico, FdI pensa all’astensione. Il giorno di Metsola

Roma, 15 luglio 2024 – A due giorni dal voto sul ritorno di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea, FdI non ha ancora deciso cosa fare. Si scrive Fratelli d’Italia, si legge Giorgia Meloni: l’indecisa numero uno è lei. Domattina il suo gruppo, Ecr, incontrerà la candidata. Ma la presidente non ci sarà: le due leader – che nella scorsa legislatura europea hanno filato d’amore e d’accordo – si sentiranno al telefono? Forse, probabilmente chissà. Impossibile ottenere una risposta certa anche su un particolare del genere, figurarsi sul resto. Domani intanto l’Europarlamento vota per eleggere alla presidenza Roberta Metsola. Questa, almeno, è una certezza.

La presidente uscente della Commissione Ue chiude all'intesa con i conservatori (Epa)
La presidente uscente della Commissione Ue chiude all'intesa con i conservatori (Epa)

Che poi: la telefonata probabilmente ci sarà – viene confermata anche da fonti europee – ma quel voto tricolore che prima delle elezioni europee sembrava certissimo è invece, più che in forse. Anzi, stando a pareri interni sia al governo che a FdI vicini alla premier "è decisamente improbabile". Più plausibile, invece, l’astensione: la stessa posizione, cioè, tenuta dalla premier nel Consiglio europeo di fine giugno. Il problema principale non è quella formula oramai ripetuta fino all’ostinazione: il commissario di peso. Fuor di metafora, la Concorrenza o la Coesione per Raffaele Fitto. Quello, tutto sommato, sarebbe uno scoglio facilmente aggirabile.

Il nodo inesorabilmente aggrovigliato è politico, ed è per questo che dall’interno del partito tricolore tutti assegnano grande importanza all’incontro di domani mattina: "Chiederemo discontinuità su moltissime questioni", preannuncia il co-presidente del gruppo Nicola Procaccini. Che dalla riunione e dall’attesa telefonata esca fuori qualcosa che cambi le carte in tavolo è davvero poco credibile: la candidata tedesca a caccia di voti sta promettendo tutto a tutti. Si è impegnata con i gruppi fin qui incontrati – popolari, socialisti, liberali, verdi e ieri per ultimo anche con la Sinistra – a evitare "collaborazioni strutturali con Ecr". Per quanto la politica sia fatta di acrobazie, l’idea di una distanza strutturale dai conservatori accompagnata dalla condivisione strutturale del programma appare un po’ troppo persino per Donna Ursula. Piuttosto, dicono a Bruxelles, è interessata a chiudere un patto di non belligeranza con Meloni e i suoi conservatori.

Con le vele gonfiate dal vento che spira dagli Stati Uniti, galvanizzati dalla prospettiva di un ritorno di Trump alla Casa Bianca che produrrebbe effettivamente un terremoto anche per l’Europa, la destra europea con la sola eccezione proprio di FdI è pronta a dare battaglia. Con la vittoria del candidato repubblicano infatti il peso e i costi di un conflitto nei cui confronti buona parte della popolazione europea è già molto tiepida ricadrebbero sul vecchio continente. I sovranisti lo sanno e si dispongono in formazione di attacco.

Ieri Orban ha scritto ai leader una lettera che suona come un’aperta sfida: "Se l’Europa vuole la pace e vuole avere un ruolo decisivo nella risoluzione della guerra e nella fine dello spargimento di sangue, deve ora elaborare e attuare un cambiamento di direzione". Contemporaneamente il governo di Budapest fa sapere che le missioni a Mosca e in Cina che hanno mandato fuori dai gangheri tutte le capitali dell’Unione proseguiranno. Bruxelles medita una risposta che va molto vicino alla rottura totale. Boicottare il vertice informale sulla politica estera convocato per la fine di agosto dalla presidenza di turno dell’Unione. I ministri degli Esteri e della Difesa lo diserterebbero per far capire ad Orban che la misura è colma. Insomma un fronteggiamento a pieno titolo che si allarga alla politica economica e nel quale Ursula von der Leyen (decisa a non partecipare ai summit informali in Ungheria) è diventata il simbolo "dell’ Europa di sempre".

Quella che la destra intende rovesciare. Secondo la logica del "cordone sanitario" la destra dei Patrioti oggi non dovrebbe ottenere neppure un incarico in Parlamento: a meno che – con un accordo sottobanco con Metsola – non riescano a strappare qualcosa. Il problema non si pone per i Conservatori: oggi si votano anche i 14 vicepresidenti e per Ecr sono candidati Roberts Zile e Antonella Sberna.