Mercoledì 11 Settembre 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Commissione in panne. Ultimatum socialista: "Nessun ruolo ai partiti sovranisti"

Slitta di una settimana la presentazione della Commissione Ue. Meloni sente Draghi e lo invita a Palazzo Chigi per un confronto.

La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, 65 anni, con la premier Giorgia Meloni, 47 anni

La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, 65 anni, con la premier Giorgia Meloni, 47 anni

Roma, 11 settembre 2024 – Scaramantica la premier aveva sempre evitato di dare per chiusa con un successo la partita del commissario europeo. Temeva un guaio in extremis, che è puntualmente arrivato. Un veto esplicito messo nero su bianco dalla presidente dell’eurogruppo socialista Iratxe Garcia in una nota corredata dalla minaccia di affossare i commissari scelti da Ursula von der Leyen che si somma a quelle affini già fatte pervenire dai liberali e dai verdi. Che il guaio sia serio lo dimostra lo slittamento della presentazione dei commissari prevista oggi al 17 settembre in plenaria a Strasburgo, anche se formalmente il rinvio è dovuto al fatto che il Parlamento sloveno voterà venerdì il suo nuovo candidato, Marta Kos. Insomma Ursula ha una settimana per risolvere la grana che in realtà è multipla. Il veto contro Raffaele Fitto è netto: "Ignorare il processo degli ‘spitzenkandidaten’, minare l’equilibrio di genere nel collegio, mettere un commissario per l’Occupazione il cui impegno per i diritti sociali è discutibile, portare pro-attivamente l’Ecr (il gruppo di FdI, ndr) nel cuore della Commissione: questa sarebbe la ricetta per perdere il sostegno progressista". Non votare, però, equivarrebbe al caos perché, come dice Fulvio Martusciello capodelegazione di Forza Italia nel Ppe "a quel punto, noi non voteremmo i commissari di S&D".

Il problema principale però è un altro: i socialisti sono inviperiti perché il loro candidato presidente, il lussemburghese Nicolas Schmit, non compare nell’organigramma. Le sue deleghe al Lavoro e Politiche sociali sono passate alla rumena Roxana Minzatu che è socialista ma non considerata affidabile dai compagni di eurogruppo.

Schmit, d’altra parte, non era stato indicato dal suo governo, passato nel frattempo al centrodestra, che ha puntato sul popolare Christophe Hansen e dunque ci sono poche chances di ripescarlo. Ma il malumore dei socialisti deriva anche da altro: i popolari si sono aggiudicati 14 commissari con deleghe pesanti, incluse quelle su clima e Affari sociali a cui S&D teneva. Insomma, quello di Fitto è solo uno dei tanti fronti aperti. Non insignificante. I popolari hanno giocato d’astuzia, accettando di sbattere all’angolo FdI per garantirsi la rielezione della loro candidata, von der Leyen, alla presidenza salvo poi, una volta incassata quella postazione centrale, tornare alla precedente strategia di apertura a destra.

Non che si tratti solo di un gioco di potere. La logica del Ppe, dividere cioè la destra europeista da quella sovranista è sensata, e i veti degli alleati di maggioranza rispondono soprattutto a esigenze di politica interna dei vari paesi. Di punti interrogativi al momento ne rimangono parecchi. Intanto, capire se l’obiettivo dei socialisti sia solo la vicepresidenza esecutiva per Fitto, cioè l’ingresso dei conservatori ai vertici della Commissione, o se mirino a sottrargli una delega da un lato ritenuta troppo importante, e dall’altro abbastanza appetitosa da recuperare in parte lo squilibrio a favore dei popolari. Il secondo dubbio è se l’offensiva sul commissario italiano serva a mettere sul tavolo una merce di scambio pesante o si tratti di una decisione incrollabile. Di certo la situazione mette nei guai anche Elly Schlein che si trova di fronte a un dilemma: votare in dissenso dal resto del gruppo S&D o assumersi la responsabilità di bocciare il commissario e la sua delega non solo prestigiosa ma preziosa in questo momento. Così, non si scopre: "Abbiamo sempre sostenuto un portafoglio di peso per l’Italia, ma la Presidente deve tener conto della maggioranza che l’ha votata". Chiosano i democratici: "Non abbiamo posto noi il problema Fitto; valuteremo senza pregiudizi ma deve assumere posizioni europeiste". Si può scommettere che lo farà. Da quel punto di vista la trasformazione di Meloni è già completata e siglata dal passo clamoroso di ieri sera. Ha alzato il telefono, parlato con Mario Draghi e lo ha invitato a Palazzo Chigi per discutere il suo rapporto. Giorgia l’Europeista